Quando con la scorsa legge di Bilancio sulle pensioni, il governo Meloni ha varato la quota 103, molti la consideravano una sorta di quota 41 destinata solo a chi aveva raggiunto una determinata età. La quota 103 prese il posto di quota 100 e quota 102, e servì al governo per prendere tempo dopo una campagna elettorale basata sulla promessa di varare la quota 41 per tutti. Oggi infatti esiste una quota 41, ma è destinata solo a pochi lavoratori e soprattutto ai pochi che oltre a rientrare in determinate categorie, sono anche precoci.

Il paradosso è che oggi esistono due misure che hanno la medesima carriera contributiva da versare. Sono appunto la quota 41 per i precoci e la quota 103. Una destinata come dicevamo a pochi, ma che non guarda a nessun limite di età. L’altra invece aperta alla generalità dei lavoratori, ma con un vincolo anagrafico da rispettare oltre ad una serie di limitazioni che la rendono particolare rispetto alla “gemella”. Differenze che devono essere approfondite, anche perché proprio per via del fatto che sono due misure con la stessa carriera contributiva, c’è chi deve scegliere tra le due vie.

“Gentile redazione, volevo un consiglio da parte vostra su quale delle due misure che consentono il pensionamento con 41 anni di contributi devo scegliere. A dicembre completo 41 anni di contributi ed ho già controllato tutti i requisiti necessari. Rientro sia nella quota 41 per i precoci (ho iniziato a lavorare a 17 anni) come lavoratore edile, che nella quota 103 avendo compiuto ad agosto 62 anni di età. Secondo voi quale misure è migliore?”

Pensione quota 103 e quota 41, che differenze? ecco come scegliere

Il lettore ci chiede come scegliere tra la pensione con quota 41 per i precoci e quella con quota 103 per i lavoratori che hanno già 41 anni di contributi versati. Paradossale che ci siano lavoratori come lui che possono scegliere mentre per via dei pesanti requisiti, c’è chi in pensione non ci può andare se non arriva a 67 anni di età.

Ed a volte nemmeno questo basta, se si considerano le questione dei lavoratori privi di carriera al 31 dicembre 1995. Per questi infatti nemmeno la pensione di vecchiaia è certa se si pensa al fatto che l’assegno previdenziale deve essere pari o più altro di 1,5 volte l’assegno sociale.

Tornando a chi ha una scelta da fare, il focus riguarda i 41 anni di contributi. Questo l’obiettivo da centrare. Per la quota 103 serve anche arrivare almeno a 62 anni di età. Per la quota 41 precoci invece, serve che almeno un anno di contributi sia stato versato prima dei 19 anni di età. In entrambi i casi i 35 anni di contributi devono essere effettivi da lavoro e quindi senza considerare quelli da indennità di malattia e da indennità di disoccupazione.

La quota 41 non è per tutti, ecco le platee dei beneficiari

Come dicevamo, raggiungendo 62 anni di età e 41 anni di contributi, la quota 103 è per tutti. Nessuna distinzione sul lavoro svolto o di genere, perché la misura ha i medesimi requisiti per uomini e donne, per lavoratori dipendenti e autonomi e per lavoratori statali o del settore privato. La quota 41 invece riguarda solo 4 categorie. In primo luogo chi svolge un lavoro gravoso. Si tratta delle 15 categorie inizialmente previste che sono:

  • facchini;
  • macchinisti dei treni e personale ferroviario viaggiante;
  • camionisti;
  • edili;
  • gruisti;
  • agricoli;
  • siderurgici;
  • marittimi;
  • pescatori;
  • addetti all’assistenza persone con handicap;
  • addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti;
  • maestri e maestre di asilo ed educatori scuola dell’infanzia;
  • ostetriche delle sale parto e infermieri delle sale operatorie;
  • conciatori di pelli e pellicce;
  • addetti alle pulizie.

In merito alla durata del lavoro per la quota 41, l’attività deve essere stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni o per 6 degli ultimi 7 anni.

La quota 41 riguarda anche i disoccupati che da almeno 3 mesi hanno finito di prendere la NASPI. Inoltre, spetta agli invalidi al 74% almeno o a soggetti che assistono un invalido grave, che deve essere un parente stretto con cui convivono. Assistenza e convivenza devono essere partite da almeno 6 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda di pensione.

Le differenze tra le due misure

Per il 2023, chi perfeziona i requisiti può dunque scegliere tra le due misure. Quale conviene? Secondo il nostro parere, chi può scegliere farebbe bene ad optare per la quota 41. La finestra di attesa è comunque di 3 mesi. Due i punti deboli di Quota 103 rispetto alla Quota 41:

Se al pensionato spetta un assegno più alto di 5 volte il trattamento minimo, con la quota 103 la pensione viene tagliata. E per tutti gli anni che mancano ai 67 anni della pensione di vecchiaia ordinaria. Per il 2023 il trattamento minimo INPS è pari a 563,74 e quindi una pensione pari a 5 volte il trattamento minimo è pari a 2.818,70 euro al mese. Con la quota 103 non si può superare questa soglia, cosa che invece per quota 41 precoci non vale.

Oltretutto, chi va in pensione con quota 41 precoci, può arrotondare la pensione con un reddito da lavoro, a prescindere dalla sua tipologia e dal suo importo. on la quota 103 invece nulla di tutto ciò. Vige il divieto di cumulo dei redditi da lavoro con i redditi da pensione. L’unica attività che può essere affiancata alla pensione è quella di lavoro autonomo occasionale. E fino al tetto massimo di 5.000 euro per anno solare.

E nei prossimi anno resterà la scelta? Una misura è certa per il 2024, l’altra attende la proroga nella legge di Bilancio. Si parla verosimilmente di proroga di quota 103 con alcune novità.