Per le pensioni, sembrava che anche nel 2024 i lavoratori avrebbero potuto trovare un canale di uscita agevolato con l’Ape sociale. La misura sembrava solo da prorogare. Per tutte le settimane che hanno anticipato l’approvazione della manovra Finanziaria del Governo (sopraggiunta il 16 ottobre appena trascorso, ndr), l’Ape sociale veniva considerata come una misura solo da prolungare.

Al posto di farla cessare il 31 dicembre 2023, si doveva arrivare al 31 dicembre 2024. Anzi, per qualcuno, c’era la possibilità di estendere i beneficiari, ampliando il campo dei lavori gravosi utili alla misura.

Invece nulla di tutto ciò. Il governo ha deciso di cessare l’Ape sociale a fine 2023. E di sostituire la misura con un nuovo fondo a partire sempre dai 63 anni. E per le stesse categorie che avevano accesso all’Ape sociale. Tranne che per le donne naturalmente.

Perché per loro sempre a 63 anni ecco una misura ibrida tra Ape sociale e Opzione donna. Senza vincoli di platea. Tornando all’Ape sociale però, c’è da dire che ci sono categorie che usciranno con le ossa rotta da questo cambio di misura. E iniziano ad arrivare le lamentele.

I quesiti giunti in redazione

“Buonasera, volevo chiedervi solo se confermate questa mia paura. Sono un disoccupato che ha terminato di percepire la NASPI a settembre. Compio 63 anni a febbraio 2024. Mi confermate che non potrò andare in pensione perché l’Ape sociale è sparita? Ho 32 anni di versamenti contributivi, e mi sembra che la nuova misura del governo per noi disoccupati ne prevede 36. Giusto?”

“Salve, volevo capire se le notizie che girano sono vere riguardo all’Ape sociale. La misura è stata chiusa dal governo? Sono invalido al 74%. Ho appena compiuto 63 anni di età ma mi mancano pochi mesi a raggiungere i 30 anni di contributi. Li completo a marzo 2024. Ma pare che adesso, per me invalido, non basteranno più 30 anni di contributi, ma ne serviranno 36.

Mi aiutate a capire se c’è qualcosa che posso fare per andare comunque in pensione?”

Il colpo di scena sulle pensioni nella manovra finanziaria ha lasciato strascichi

La sera del 16 ottobre passerà sicuramente agli annali come quella della grande sorpresa da parte del governo sulle pensioni. Non ci ricordiamo un’altra manovra finanziaria dei governi passati, che è nata con sorprese last minute come queste sulle pensioni 2024. Parlare di colpo di scena non è certo una cosa fuori luogo. In genere le indiscrezioni che accompagnano l’approvazione della manovra da parte del Consiglio dei Ministri, vengono confermate in tutto o ritoccate di poco. Quest’anno invece tutto è stato ribaltato in “zona Cesarini”.

Si pensava che Opzione donna venisse sostituita da una nuova misura a 63 anni, ma questa forse è l’unica conferma avuta dalle ipotesi che venivano ventilate alla vigilia della manovra. Perché l’Ape sociale si dava per confermata praticamente al 100%. Così come quota 103, che doveva servire da cuscino per temporeggiare in vista di una riforma delle pensioni da varare nel 2024. Invece tutto è sparito.

La quota 103 diventa quota 104, perché la versione a 62 anni diventa non praticabile per via delle pesanti penalizzazioni introdotte sull’importo della pensione. Opzione donna e Ape sociale diventano tutte e due misura unica, con requisiti diversi tra le donne e gli altri.

Ecco le nuove misure dai 63 anni, come funzionano e a chi sono destinate

Con la manovra finanziaria del governo in pratica sono nate tre diverse misure tutte con il minimo comune denominatore delle pensioni a 63 anni. Tutte le donne indistintamente possono uscire dal lavoro a 63 anni con 35 anni di contributi. I caregiver, i lavori gravosi, gli invalidi e i disoccupati, possono uscire con 63 anni di età ma con 36 anni di contributi. E con gli stessi vincoli della vecchia Ape sociale.

Ci riferiamo alla completa fruizione della Naspi per i disoccupati, al ruolo di caregiver partito da almeno 6 mesi e al 74% come invalidità minima per i disabili. E pure in 7 anni di lavoro gravoso negli ultimi 10 anni di carriera, oppure i 6 anni negli ultimi 7, restano fattore necessario per la pensione a 63 anni come lavoro gravoso. Per tutti gli altri lavoratori, indistintamente, uscita a 63 anni ma con 41 anni di contributi versati.

Pensioni a 63 anni nel 2023, per i disoccupati servono 6 anni aggiuntivi di contributi, ecco perché

Ciò che non passa inosservato però è il cambio della contribuzione necessaria per alcune categorie di beneficiari della nuova prestazione a 63 anni. I disoccupati, gli invalidi e i caregivers, fino al 31 dicembre 2023 potranno uscire dal lavoro con 30 anni di contributi. Sono i requisiti utili all’Ape sociale. Con la nuova misura invece, nulla da fare. Infatti i 30 anni di contribuzione non bastano più. Dal 2024 ne serviranno 36 con la nuova misura destinata anche ai disoccupati.

Il nostro lettore del primo quesito ha perfettamente ragione nel considerarsi fuori dal perimetro della nuova misura. Come lo è anche il secondo lettore che invece è invalido. Anche per lui infatti, serviranno 36 anni di contributi e non i classici 30 anni che permettono a chi ha una invalidità almeno al 74%, di sfruttare fino al 31 dicembre l’Ape sociale.