Le regole del sistema previdenziale sono ricche di strumenti, misure e particolarità che possono generare problematiche non indifferenti, lasciando spesso i lavoratori disorientati. Da una parte, queste regole possono creare false aspettative; dall’altro, i fraintendimenti frequenti possono portare a perdere quella che potrebbe chiamare l’occasione per una quiescenza anticipata. Questo “treno”, data la volubilità del sistema pensionistico italiano, potrebbe non ripassare più per molti lavoratori.

La domanda giunta in redazione

“Sono un dipendente di una società di carico e scarico merci e svolgo il ruolo di facchino.

Ho raggiunto i 63 anni di età a maggio e ho completato 37 anni di contributi a novembre 2023, secondo quanto riportato nel mio estratto conto contributivo ricevuto dall’ INPS l’anno scorso. Considerando i contributi che continuo a versare, vorrei andare in pensione alla fine dell’anno lavorativo Ho promesso al mio capo dipartimento di non lasciarlo, visto che ora iniziamo la solita fase intensa di lavoro, che generalmente termina con l’inizio del nuovo anno. Avendo i requisiti per l’APE sociale, mi chiedo se dovrei proseguire e andare in pensione a gennaio 2025, oppure se sarebbe meglio ritirarmi immediatamente, dato che credo di avere i requisiti necessari.”

Pensioni a 63 anni: non rimandare l’uscita, rischi di perdere 4 anni di trattamento

Per rispondere in modo esaustivo al nostro lettore, iniziamo spiegando cosa sia l’APE sociale, dato che la natura della misura può chiarire molti aspetti. L’APE sociale è una misura di accompagnamento alla pensione, non una vera e propria pensione. È destinata a categorie specifiche di lavoratori, come i facchini, che rientrano tra coloro che svolgono lavori gravosi.

Questi lavoratori necessitano di almeno 36 anni di contributi e un’età non inferiore a 63 anni e 5 mesi. Ciò significa che il nostro lettore, avendo compiuto 63 anni a maggio, deve attendere fino a ottobre per accedere all’APE.

Analoghi requisiti sono richiesti anche per disoccupati che hanno esaurito le indennità INPS, invalidi al 74% e caregiver conviventi da almeno sei mesi con un familiare disabile grave.

La pensione a 63 anni e 5 mesi: così è cambiata l’APE sociale nel 2024

L’APE sociale non può essere considerata una misura pensionistica completa perché non è percepibile oltre i 67 anni. Chi beneficia dell’APE deve richiedere la pensione ordinaria di vecchiaia a quell’età. Inoltre, chi esce dal lavoro con questa misura non può svolgere attività lavorativa dipendente o autonoma, a eccezione del lavoro autonomo occasionale, a patto che non genera un reddito annuo superiore a 5.000 euro. Non sono previsti tredicesime, assegni per coniugi a carico o maggiorazioni.

Se il pensionato con l’APE sociale dovesse morire, ai suoi familiari non si aspetterebbe nemmeno la pensione di reversibilità. Anche se la pensione a 63 anni e 5 mesi potrebbe essere teoricamente più alta, con l’APE non è possibile ottenere un trattamento superiore a 1.500 euro al mese.

APE sociale sperimentale e tutte le altre caratteristiche dello strumento

Dato il limite massimo di 1.500 euro mensili, aumentare il contributo per il beneficio dell’APE sociale potrebbe risultare inefficace. Questi contributi aggiuntivi potrebbero tornare utili soltanto a 67 anni, quando si dovrà passare alla pensione di vecchiaia ordinaria. L’APE sociale, pur essendo in vigore dal 2017, mantiene un carattere sperimentale e scadrà il prossimo 31 dicembre. Non vi è certezza che nel 2025 la misura sarà ancora disponibile, quindi chi pianifica di ritardare l’uscita rischiando di rimanere escluso dalla prestazione

Pensioni a 63 anni: l’ultimo treno potrebbe essere il 2024

Il principio della cristallizzazione del diritto garantisce che chi ha maturato i requisiti per una misura pensionistica mentre questa è in vigore, mantiene il diritto di fruirla, indipendentemente dalle modifiche future. Tuttavia, questo principio non si applica all’APE sociale. Posticipare la pensione al 2025 potrebbe significare perdere completamente la possibilità di accedervi, qualora la misura non venisse rinnovata.

Bisognerà quindi valutare se, con le eventuali nuove condizioni del 2025, il diretto interessato manterrà il diritto all’APE. Considerando anche i requisiti specifici legati alla categoria lavorativa e altre condizioni personali.