Se per il reddito di cittadinanza la manovra di bilancio 2023 è stringente, diverse invece sono le cose sul fronte pensioni.

Molte sono le misure finalizzate a combattere il caro prezzi e alcune quelle destinate a tamponare la mancata riforma del sistema pensionistico italiano (rinviata al 2024).

Dalla nuova Quota 103, alla decontribuzione del 10% per chi decide di non lasciare il mondo lavorativo nonostante i requisiti pensionistici. C’è poi la revisione del meccanismo di indicizzazione (c.d. perequazione automatica).

Sul fronte pensionamento, ricordiamo che il 31 dicembre 2022 termine anche Quota 102 (pensione con 38 anni di contributi e 64 anni di età).

Il 31 dicembre 2022 segna anche la fine di Opzione donna e Ape social.

Le 6 fasce di indicizzazione pensioni

La legge di bilancio 2023 interviene sul meccanismo automatico della perequazione pensioni, ossia l’adeguamento automatico dell’assegno pensionistico mensile al tasso di inflazione.

Attualmente, il meccanismo prevede che la rivalutazione dipende dai seguenti scaglioni ed è del:

  • 100% dell’inflazione, per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 90% dell’inflazione, per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo
  • 75% dell’inflazione per le pensioni oltre 5 volte il trattamento minimo.

Esempio

Considerando il tasso di rivalutazione del 7,3% ed un trattamento minimo di 523,83 euro con una pensione mensile di 2.500 euro, la rivalutazione pensioni, in questo caso, sarebbe così calcolata:

  • su 2.095,32 euro (ossia 4 volte il trattamento minimo 2022) sarà applicata la rivalutazione dell’7,3% (quindi, 152,96 euro)
  • su 404,68 euro (ossia sulla differenza tra 2.500 euro e 2.095,32 euro) sarà applicata la rivalutazione del 6,57% (ossia il 90% di 7,3%), quindi, 26,59 euro.

Quindi, una pensione mensile di 2.500 euro dovrebbe considerare un aumento complessivo di 179,55 euro al mese.

La manovra di bilancio del prossimo anno, invece che 3 fasce di indicizzazione ne prevede 6. In dettaglio, si va da una rivalutazione al 100% dei trattamenti pensionistici pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo fino alla rivalutazione al 35% dei trattamenti pensionistici superiori a dieci volte il minimo.

C’è Quota 103 e la decontribuzione

Con la fine di Quota 102 e l’incubo ritorno Fornero, dal 1° gennaio 2023 entra in gioco Quota 103, ossia la possibilità di pensioni con:

  • 41 anni di contributi
  • e 62 anni di età anagrafica.

Per chi, nonostante i requisiti per la pensione, dovesse decidere di non uscire è prevista una decontribuzione di circa il 10%. Quindi, uno stipendio mensile più elevato visto che non verranno trattenuti i contributi a carico del lavoratore nella citata misura.

Infine, c’è anche la proroga di Opzione donna ma con delle modifiche in merito alla situazione familiare (in particolare in base al numero dei figli) e si proroga anche Ape social.