Andare in pensione in Italia è quanto di più difficile ci sia. Almeno stando a quello che a tutti gli effetti è un autentico credo collettivo. Tantissimi contribuenti sostengono questa situazione, finendo con il chiedere al Governo un pronto intervento che riporti indietro l’età pensionabile e che la renda meno rigida rispetto alle attuali regole. Molti trovano troppo elevata l’uscita a 67 anni di età. Ma risulta ai più troppo elevata pure l’uscita senza vincoli di età delle pensioni anticipate ordinarie, ma con 42 anni e 10 mesi di contributi.

Uno scenario generale questo che pertanto spingerebbe l’esecutivo a cercare delle soluzioni per gli anni a venire, a partire dal 2024, che però potrebbe diventare un altro anno di transizione.

Le pensioni in Italia sono complicate da centrare?

Emergono però particolari dati statistici che dimostrano come non sia propriamente vero che in Italia si esca dal lavoro troppo in avanti negli anni o con troppe difficoltà.

“Chiedo cortesemente un parere più che un consiglio sul fatto che in Italia effettivamente le prestazioni pensionistiche sono difficili da centrare e troppo distanti negli anni. Secondo me sono un tipico esempio di soggetto penalizzato da un sistema previdenziale abbastanza particolare che è quello italiano. Oggi ho 63 anni di età e pure 40 anni di contributi versati. Ma mi trovo a non poter andare in pensione perché adesso la quota 103 ha bisogno di 41 anni di contributi versati.

Nel 2021 non potevo andare in pensione con quota 100 perché non raggiungevo i 62 anni di età. Stesso discorso per la quota 102 dello scorso anno. Sono ancora giovane pure per la pensione di vecchiaia e non ho una carriera idonea per le pensioni anticipate. Non svolgo lavori particolari che mi facciano rientrare nell’Ape sociale o nella quota 41 per i precoci. In buona sostanza sono tra i più penalizzati da un sistema di pensionamento assurdo.

Voi cosa ne pensate?”

Non è vero che in Italia le pensioni sono troppo distanti

Il quesito sotto forma di sfogo del nostro lettore è interessantissimo perché mette in luce alcune delle tante, e forse troppe, incongruenze di un sistema previdenziale che consente il pensionamento anticipato a molti lavoratori, ma con requisiti che sembrano poco equi e poco flessibili. C’è poco da aggiungere a quanto asserisce il nostro lettore dal momento che effettivamente lui si trova in una condizione assai particolare e cioè di essere tagliato fuori da tutte le misure di pensionamento anticipato oggi in vigore. E questo nonostante ci siano ben 10 misure di pensionamento anticipato potenzialmente sfruttabili.

Molte misure di pensionamento anticipato sono disponibili, ma non per tutti

Questo sta significare però che il nostro sistema è ricco di misure pensionistiche che possono favorire l’uscita dal lavoro. A tal punto che i 67 anni di età, che sono l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia, sono addirittura una soglia che non tutti devono raggiungere per pensionarsi. Infatti come si legge sul Sole 24 Ore, secondo gli ultimi dati statistici dell’INPS, l’età di uscita dal mondo del lavoro in Italia si assesta tra i 61 e i 62,4 anni di età.

Questo perché il sistema come dicevamo è ricco di misure di pensionamento anticipato. Autentici scivoli per persone che svolgono determinati lavori, per persone che hanno determinate problematiche di invalidità o familiari. E infine per persone che hanno problemi di lavoro come la disoccupazione per esempio.

Le misure di pensionamento anticipato che portano a un netto calo dell’età media di uscita

A 63 anni di età per esempio oggi si può andare in pensione con l’Ape sociale. Bastano 30 anni di versamenti per caregiver, invalidi e disoccupati. Oppure 32 anni per chi svolge un lavoro in edilizia o tra i ceramisti. E poi ancora, 36 anni per tutte le altre categorie di lavoro gravoso previste.

Con 41 anni di contributi, di cui uno versato prima dei 19 anni di età, e sempre se caregiver, invalidi, gravosi o disoccupati, l’età non conta.

Si può andare in pensione anche a 60 anni o prima. A 58, 59 o 60 anni in base alla categoria e ai figli, le donne possono uscire con Opzione Donna. E bastano 35 anni di contributi. E poi ancora, a 56 e 61 anni rispettivamente se donne o uomini, con 20 anni di contributi con invalidità pensionabile o specifica pari ad almeno l’80%. Con 41 di versamenti invece, oggi c’è la quota 103, per chi ha almeno 62 anni di età. Tutte misure queste che finiscono con l’abbassare drasticamente il tetto dell’età media di uscita dal mondo del lavoro.