E’ noto che le pensioni future saranno più basse di quelle attuali. Il che è da attribuirsi essenzialmente a due fattori: il sistema di calcolo della rendita con il metodo contributivo e il basso livello dei salari che presuppone la formazione in un monte contributivo contenuto. In aggiunta vi è anche il Pil che non cresce più di tanto. E quindi i contributi versati si rivalutano meno dell’inflazione.

Il trend al ribasso delle pensioni è già in atto e di anno in anno si può notare come le rendite medie degli italiani stiano calando.

Nel 2022, secondo i dati dell’Osservatorio pensioni Inps, l’importo medio era di 1.021 euro al mese per tutti i tipi di prestazione erogate. Cifra che sale a 1.359 euro per le pensioni di vecchia con un gap fra Nord e Sud di quasi il 20%. Solo dieci anni fa la pensione media di vecchiaia sfiorava i 1.600 euro.

Perché l’importo delle pensioni scende

Sostanzialmente, quindi, quello a cui stiamo assistendo è una lenta e inesorabile erosione del potere di acquisto dei nuovi pensionati, rispetto ai vecchi. Le nuove prestazioni sono calcolate sia col sistema contributivo che con quello retributivo (misto). Il primo attiene ai versamenti effettuati dopo il 1995, mentre il secondo a quelli effettuati prima con pesi diversi.

Il sistema di calcolo retributivo si basa sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni, mentre quello contributivo solo sui contributi versati ai quali è applicato un coefficiente di trasformazione. Ovviamente il sistema di calcolo retributivo della pensione è più vantaggioso rispetto a quello contributivo, ma tende all’esaurimento in base alla riforma di cui alla legge 335/1995.

Già oggi coloro che vanno in pensione con più di 40 anni di contributi possono fruire solo in parte del sistema di calcolo retributivo della pensione. Col passare del tempo, infatti, la quota di contributi che ricade in questo sistema di calcolo diminuisce, mentre aumenta quella ricadente nel sistema contributivo.

Secondo le stime, fra 12-13 anni tutti i lavoratori saranno assoggettati al sistema di calcolo contributivo.

Pensioni, i figli prenderanno meno dei genitori

Detto questo, va da sé che le pensioni future, quelle dei giovani lavoratori di oggi, saranno più basse di quelle dei loro predecessori. Per chi non potrà vantare carriere piene e continue, la rendita sarà al limite della sopravvivenza, mentre per chi avrà comunque alle spalle più di 40 anni di contributi il tasso di sostituzione sarà comunque più basso rispetto al passato. Il trend è comunque destinato a stabilizzarsi nel 2035.

Secondo le simulazioni degli esperti della Corte dei Conti che tengono conto anche dei coefficienti di rivalutazione e dell’andamento del Pil, i laboratori maggiormente coinvolti saranno i nati negli anni ’80 e il culmine sarà raggiunto alla fine, per i nati nel 1989. Si tratta ovviamente di ipotesi che proiettano l’andamento delle pensioni nel lungo periodo in assenza di interventi legislativi o di avvenimenti economici particolari tali da cambiare il decorso degli eventi prospettati.

Sostenere, comunque, che questo nuovo scenario sia negativo è sbagliato. Semmai era sbagliato il sistema di calcolo delle pensioni fino alla riforma Dini del 1995 dove lo Stato era (ed è ancora oggi) costretto a pagare rendite sulla base di contributi non versati. E per un periodo di tempo maggiore, visto che la durata dei pagamenti delle pensioni non era agganciata alla speranza di vita.

Riassumendo…

  • Nel sistema contributivo le pensioni dei figli saranno più basse di quelle dei genitori.
  • Bassi salari e crescita dell’inflazione causano un ulteriore calo del potere di acquisto delle pensioni.
  • Il sistema di calcolo contributivo entrerà a regime per tutti fra 12-13 anni.
  • I nati negli anni ’80 saranno i più penalizzati.