Buone notizie per i pensionati. I tanto attesi aumenti degli assegni 2023 stanno per essere elaborati e messi in pagamento dall’Inps. Con il terzo rateo di pensione saranno quindi corrisposti anche gli arretrati a partire dal 1 gennaio.

I ritardi dovuti a questioni tecniche legati alla tardiva approvazione della legge di bilancio 2023, sono stati colmati. Tutti i pensionati riceveranno quindi gli aumenti previsti dalla perequazione automatica (7,3%), anche se in misura non piena per via dell’introduzione da quest’anno di nuove fasce di reddito.

Aumenti pensione da marzo

Le pensioni saranno finalmente adeguate al tasso d’inflazione 2022 a partire dal mese di marzo. Ma non tutte in misura piena, solo quelle sopra 4 volte l’importo del trattamento minimo. Queste – lo ricordiamo – sono già state rivalutate dal 1 gennaio 2023 e quindi non prevedono nuovi aumenti.

Dal 1° gennaio – si legge in una nota – l’Inps ha provveduto ad attribuire la rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali nella misura del 100% a tutti gli utenti che abbiano ottenuto in pagamento, nell’anno 2022, rate di pensione per un importo inferiore o uguale a euro 2.101,52 euro (quattro volte il trattamento minimo)”.

Per le pensioni superiori a 2.101 euro al mese bisogna tenere conto della nuova scaletta che ridimensiona la rivalutazione degli assegni. Si tratta di ben 6 fasce di reddito alle quali corrisponde una rivalutazione inversamente proporzionale al reddito.

Le fasce di rivalutazione

In sintesi, chi percepisce pensioni fino a 2.101,52 euro di importo lordo non vedrà ulteriori aumenti perché i loro assegno sono già stati rivalutati a partire da gennaio 2023 (circolare n. 135 del 22 dicembre 2022).

Chi, invece, percepisce importi di pensione superiori si vedrà accreditare un po’ di meno, man mano che sale l’importo della rendita. Fino a subire un taglio di circa due terzi per importi superiori a circa 5.700 euro al mese. Lo schema delle rivalutazioni è il seguente:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo

Tali misure comportano anche un aumento dei prelievi del fisco (Irpef) per chi, in conseguenza degli aumenti, supererà lo scaglione fiscale di appartenenza.

Il che si traduce in una pensione netta più bassa.

Nel frattempo l’Istat ha certificato il tasso di inflazione definitivo per il 2022 che si è attestato al 8,1%. Sicché ai pensionati spetteranno ancora conguagli in denaro nella misura dello 0,8%.