Più passa il tempo è meno pesanti saranno le pensioni degli italiani. Tanto quelle di nuova liquidazione, come quelle già in pagamento.
Al di là della riforma delle pensioni che sarà varata il prossimo anno e che sostanzialmente agirà sui sistemi di calcolo degli assegni, vediamo cosa influirà a partire dal 2021. Sono diverse le variabili introdotte nel nostro ordinamento pensionistico che incidono in sordina sulla liquidazione della pensione. Pochi le conoscono, salvo poi accorgersi, al momento della domanda di pensione, che l’assegno è più basso di quanto immaginato.
Pensioni, il sistema di calcolo misto
Oggi, per la generalità dei lavoratori, la pensione viene calcolata col sistema misto, in parte retributivo e in parte contributivo. La parte retributiva si riferisce all’anzianità maturata prima del 1996, quella contributiva (più penalizzante) a dopo tale data. E più passa il tempo, sempre meno saranno i lavoratori che potranno vantare un peso contributivo ante ’96. Il sistema misto sarà quindi sempre più preponderante verso il calcolo della pensione contributiva rispetto alla parte retributiva. Per fare un esempio, chi va in pensione nel 2021, a parità di anzianità e montante contributivo, percepirà una pensione maggiore rispetto a chi ci andrà nel 2022.
La rivalutazione del montante contributivo
Anche la rivalutazione del montante contributivo o tasso di capitalizzazione può incidere sulla pensione. La rivalutazione di tutti i versamenti effettuati da un lavoratore durante la carriera lavorativa, come noto, è legata all’andamento del Pil nazionale. In parole semplici, più questo sale, maggiore sarà l’assegno pensionistico perché il montante cresce. Ma se l’economia va male anche il valore della pensione si adeguerà. Stando alla riforma Dini, infatti, il montante contributivo accumulato dal 1996 in poi è soggetto a rivalutazione media quinquennale legata all’andamento del Pil.
Per quest’anno è previsto un crollo verticale del Pil in conseguenza della crisi pandemica che sarà recepito nelle pensioni dei lavoratori per gli anni a venire.
I coefficienti di trasformazione
Il coefficiente di trasformazione è un valore, espresso in percentuale, che si applica al montante contributivo rivalutato nel tempo in base agli aggiornamenti Istat. E’ quel numero magico che “trasforma” i contributi in pensione, cioè la chiave di volta di tutta l’impalcatura del sistema di liquidazione delle pensioni. Il coefficiente di trasformazione è direttamente proporzionale all’età, cioè più il lavoratore è anziano, maggiore sarà il coefficiente di trasformazione e quindi anche la pensione. Tali coefficienti vengono periodicamente aggiornati dall’Istat in base all’andamento dell’inflazione e alle aspettative di vita. Ultimamente si è visto un peggioramento ed è ragionevole pensare che in trend non sia in miglioramento.
La perequazione automatica
La perequazione automatica è quel meccanismo che indicizza la pensione al costo della vita. E’ una formula che si applica a tutte le pensioni già in pagamento a partire dal 1 gennaio di ogni anno, dal 2012 in conseguenza della legge numero 214 del 2011 (riforma Fornero). In particolare l’assegno viene adeguato in base alla variazione del costo della vita accertata dall’Istituto Nazionale di Statistica. Alla fine di ogni anno viene stabilita la variazione percentuale, stimata in via provvisoria, da applicarsi per l’anno in corso sull’importo della pensione mensile.
Il dato definitivo viene poi applicato successivamente e l’importo della pensione aggiornato con i dovuti conguagli.
Considerato che l’inflazione oggi è nulla se non addirittura negativa, la perequazione automatica potrebbe anche produrre un peggioramento della pensione rispetto agli anni passati. Spesso, però, il Parlamento interviene in fase di approvazione della legge di bilancio in difesa degli assegni più bassi, quelli fino a tre volte il trattamento minimo.