Occhio alle pensioni del comparto scuola. Perché il ‘prezzo’ della guerra in Ucraina cade anche sui supplenti e sugli insegnanti precari. Ma anche sui docenti fuori sede. Vediamo perché nel dettaglio mentre proprio a causa della guerra in Ucraina la riforma delle pensioni 2023 non può che attendere.

In particolare, da fonti che sono provenienti dal Ministero dell’Istruzione sarebbe emerso che per il prossimo anno scolastico ci saranno circa 120.000 studenti in meno. E questo per le pensioni del comparto scuola è davvero un grosso problema.

Pensioni del comparto scuola: il “prezzo” della guerra in Ucraina cade anche su supplenti, precari e docenti fuori sede

In quanto significa che ci saranno ancora meno cattedre a disposizione. Proprio per i supplenti e per i precari. Ma anche per i docenti fuori sede che, nel presentare la domanda di trasferimento, vorrebbero magari avvicinarsi a casa.

Per le pensioni del comparto scuola, quindi, al momento lo scenario non è dei migliori. Anche perché, proprio a favore degli insegnanti, non sono previsti all’orizzonte degli interventi di natura strutturale. Interventi tali da tutelare proprio il personale della scuola maggiormente soggetto alla precarietà.

Perché lo scenario per i supplenti, per i precari e per i docenti fuori sede non è al momento dei migliori

Sulle pensioni del comparto scuola, infatti, per i supplenti, per i precari e per i docenti fuori sede lo scenario non è al momento dei migliori. Dato che al momento è tutto fermo dal fronte degli interventi legislativi legati proprio alla previdenza. A causa della guerra in Ucraina, infatti, la riforma strutturale delle pensioni, che dovrebbe poi entrare in vigore a partire dal 2023, è per il momento in stand-by.

Nel dettaglio, ci sono tante potenziali misure previdenziali in ghiaccio. Dalla flessibilità in uscita dal 2023 al rilancio della previdenza complementare. E passando per il rafforzamento delle tutele previdenziali per i giovani e per le donne.