“Lo scopo del mio lavoro non è mai stato quello di distruggere, ma sempre di creare, di costruire ponti. Perché dobbiamo vivere nella speranza che l’umanità sia unita e che, meglio ci comprenderemo reciprocamente, più facile questo diventerà“, affermava Alfons Mucha. Il lavoro, d’altronde, è la base portante di ogni Paese.

Soltanto favorendo lo sviluppo economico di una nazione è possibile garantire ai cittadini un futuro roseo. Un circolo vizioso che vede le persone ottenere, grazie al lavoro, il denaro necessario per pagare i vari beni di proprio interesse.

Lo Stato dal suo canto attinge dai contribuenti i soldi che rimpolpano il bilancio pubblico, per poi finanziare i servizi offerti ai cittadini.

Tra questi si annovera la pensione che finisce spesso al centro delle polemiche per via degli importi molti bassi. Da qui la necessità che il Governo intervenga attraverso delle misure ad hoc, volte a rivoluzionare il sistema pensionistico nostrano. Ecco cosa c’è da aspettarsi.

Pensioni: soluzione ponte nel 2023

In base a quanto si evince dal sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Governo, attraverso la Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’avvio:

“di un nuovo schema di anticipo pensionistico per il 2023 che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica (quota 103). Per chi decide di restare a lavoro rifinanziato bonus Maroni che prevede una decontribuzione del 10%”.

Cosa succede dopo alla quota 41 e alla Fornero

Quanto stabilito dal Governo per il 2023 si presenta come una soluzione ponte. L’intento dell’esecutivo è quello di mettersi al lavoro nel corso dell’anno appena iniziato per mettere a punto una riforma che prenderà piede a partire dal 2024. In particolare, al centro dell’interesse dell’esecutivo, il superamento della Legge Fornero. Ma cosa c’è da aspettarsi?

Ebbene, tra le ipotesi in ballo per consentire l’uscita anticipata dal mondo del lavoro si annovera Quota 41 per tutti a prescindere dall’età.

Resta ancora da vedere se tale opzione verrà applicata a prescindere dal tipo di lavoro svolto oppure solamente a favore di coloro che svolgono mansioni gravose. Tra le altre misure in discussione si annovera la pensione a 64 anni con ricalcolo contributivo.

In quest’ultimo caso i lavoratori potrebbero uscire in anticipo dal lavoro, a patto di rinunciare alla quota maturata con sistema retributivo, con un intero ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico. Al momento comunque si tratta solo di ipotesi. Bisogna infatti attendere e vedere quali saranno le decisioni del Governo in tale ambito per capire quali requisiti verranno richiesti a partire dal 2024 per andare in pensione.