In base a ciò che si evince dalle indiscrezioni che accompagnano la legge di Bilancio che ancora deve essere varata, nel 2024 per i nati nel 1962 ci sarà ancora una volta quota 103. Avendo le mani legate dai conti pubblici, dalle altre priorità come la riforma fiscale e dalle dotazioni finanziarie quasi tutte in deficit, il governo è più focalizzato sulle proroghe delle misure in scadenza il 31 dicembre prossimo che sulle pensioni. Ma se su opzione donna si pensa ad alcuni aggiustamenti e per l’Ape sociale si ipotizza una estensione di platea, per la quota 103 si andrà probabilmente verso una proroga “copia e incolla” della misura.

Una copia perfetta della pensioni di quota 103 nel 2024

In pratica tutto resterà come la misura prevede oggi. Con tutti gli svantaggi che ci sono, ma anche con un vantaggio che però pochi considerano. E che permetterebbe una scelta in più per dei lavoratori. Per i nati nel 1962 una pensione in più ma anche una scelta in più e lo stipendio può salire.

“Salve, mi chiamo Sandro e nel 2024 compirò 62 anni di età. Li farò a marzo ed a maggio chiudo anche i 41 anni di contributi. Non sono precoce e quindi la mia speranza per poter andare in pensione nel 2024 è la proroga di quota 103. Ma a dire il vero guarderei a questa misura per godere del vantaggio del Bonus Maroni. Almeno fino alla fine del 2024 o ad inizio 2025. Vorrei infatti prendere uno stipendio più alto, come promette il bonus anziché la pensione, continuando a lavorare ed arrivando ai 42 anni di contributi. Solo allora potrei andare in pensione. Secondo voi nel 2024 il bonus Maroni per la quota 103 resterà in azione?”

La proroga di quota 103 nel 2024, ecco come dovrebbe arrivare

Con la quota 103 nel 2023 hanno potuto lasciare il lavoro quanti hanno raggiunto i 62 anni di età ed i 41 anni di contributi.

E potranno farlo ancora quanti completano i due requisiti da oggi a fine anno. Perché la misura è nata per essere in vigore per 12 mesi, cioè fino alla fine del 2023. Ma già si parla di proroga, di una estensione della misura a tutto il 2024. Ed entrerebbero nel perimetro della quota 103 anche i nati nel 1962, dato che la misura oggi ammette il pensionamento solo per chi è nato entro il 1961. La misura se verrà prorogata, avrà i medesimi requisiti di oggi. Ed avrà anche le stesse evidenti limitazioni di cui noi, molto spesso parliamo.

Innanzi tutto non è difficile che una pensione con 41 anni di contributi, soprattutto se con molti anni versati già al 31 dicembre 1995 (con calcolo retributivo fino al 2012), arrivi ad avere un importo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS. Nel 2023 è pari a 563,74 il trattamento minimo INPS. Ma la pensione liquidata con quota 103 non può essere superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS, cioè non può superare i 2.818, 70 euro al mese. Chi si trova con una teorica pensione più alta quindi, per tutti gli anni che gli mancano ai 67 della pensione di vecchiaia, deve subire un taglio di assegno.

Quota 103, ok alle solite limitazioni, ma ok anche ai vantaggi della misura

Un’altra limitazione che dura per tutti gli anni dell’anticipo e fino ai 67 anni di età è quella che riguarda il divieto di cumulo dei redditi da pensione con i redditi da lavoro. Infatti un pensionato da quota 103, se vuole arrotondare la pensione con dei lavoretti, non può farlo se non utilizzando il lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro di reddito all’anno. Perché se continua a svolgere un lavoro diverso da questo, rischia di perdere la pensione e di dover restituire i mesi di pensione percepiti nello stesso anno in cui è stato trovato a lavorare.

Ma se le limitazioni verranno prorogate alla pari del 2023, come tutta la misura d’altronde, verrà prorogata anche l’opzione che è concessa a chi anziché andare in pensione resta a lavorare.

In pratica verrà confermato il bonus Maroni, come viene chiamato lo sgravio contributivo previsto per quota 103 che somiglia al bonus Maroni introdotto dal compianto ex Ministro Roberto Maroni con un governo Berlusconi di molti anni fa.

Per i nati nel 1962 una pensione in più ma anche una scelta in più e lo stipendio può salire

Lo sgravio contributivo potrebbe essere utilizzato, ma solo a richiesta, da chi completando i 62 anni di età minimi previsti ed i 41 anni di contributi altrettanto minimi necessari alla quota 103, sceglie di restare al lavoro. Presentando apposita domanda all’INPS, il lavoratore al posto della pensione potrebbe prendere il 9,19% in più di stipendio al mese. A tanto ammonta la quota di contributi che ogni mese un lavoratore ha a suo carico in busta paga.

La restante parte del 33% di aliquota contributiva è a carico del datore di lavoro. In pratica al lavoratore la scelta di barattare la rendita mensile della pensione, con uno stipendio più alto posticipando l’uscita dal lavoro. Se davvero la quota 103 resterà nel 2024 e se resterà identica al 2023, allora anche lo sgravio contributivo sarà ancora fruibile, come il nostro lettore ci chiede. Oggi sono solo ipotesi, ma ormai la legge di Bilancio è prossima ad essere completata, e presto dalle ipotesi si potrebbe passare ai fatti concreti.