I piccoli prestiti fino a 25 mila euro non decollano. Pmi, autonomi e professionisti spesso ci rinunciano per via dei troppi incagli burocratici e delle scartoffie che le banche esigono per l’erogazione.

Al 3 maggio il sito del Mediocredito centrale segnala che sono complessivamente 72.660 le domande di garanzia pervenute al Fondo garanzia Pmi, per oltre 4,6 miliardi di finanziamenti, di cui 52.313 le domande di garanzia per i finanziamenti fino a 25.000 euro corrispondenti a 1 miliardo e 100 milioni di finanziamenti. Solo l’1% dei potenziali beneficiari.

I piccoli prestiti garantiti non decollano

Il problema non è tanto delle banche che richiedono un sacco di giustificazioni prima di prestare i soldi, quanto dello Stato. La garanzia pubblica al 100% non significa che i prestiti possono essere concessi liberamente, ma semplicemente che l’intermediario che presta il denaro all’impresa non si assume responsabilità sulla solvenza del debitore. Ma da lì all’escussione delle garanzie ce ne passa ancora perché lo Stato normalmente fa passare mesi se non anni prima di metterci del suo col rischio che le banche restino esposte per lungo tempo. Oltre a ciò, il punto nodale è rappresentato dal basso tasso d’interesse che le banche sono costrette ad applicare sui mini prestiti garantiti: circa il 2%. Normalmente le banche sui piccoli prestiti e sul credito al consumo applicano tassi molto più alti o comunque liberamente contrattati con il debitore e questo disincentiva l’erogazione di finanziamenti, benché garantiti dallo Stato, con bassa remunerazione del capitale.

La burocrazia frena i piccoli prestiti

Così le banche stanno facendo di tutto per impedirli. Come? Richiedendo all’atto della domanda di mini prestito una miriade di pezze giustificative e documentazioni da far rabbrividire. Per chi ha avuto esperienza in questo senso, si tratta di una selva burocratica di adempimenti che scoraggiano in partenza ogni richiesta di credito (solo il modulo è composto da 4 pagine fitte di informative) in un periodo, oltretutto, caratterizzato da funzionalità ridotta delle banche per via dell’emergenza sanitaria.

E benché basti la semplice autocertificazione sul calo dei ricavi dell’impresa rispetto allo scorso anno per dare corso all’iter di erogazione dei prestiti, i tempi per la concessione del denaro finiscono spesso per allungarsi per intoppi e rallentamenti interni. Ma sembra che il sistema – osservano le associazioni dei consumatori – sia stato architettato apposta dalle parti in gioco per non prestare denaro: da una parte lo Stato che sbandiera aiuti economici a go go a tutti ma con la consapevolezza però che il debito pubblico rischia di esplodere e andare fuori controllo,  dall’altro le banche che frenano non avendo interesse a prestare soldi a tassi risicati.

Tassi d’interesse troppo bassi

Secondo la Banca d’Italia imporre per legge un limite massimo ai tassi di interesse a questo schema di finanziamento comporterebbe il rischio per alcune banche di non reggere la dinamica dell’erogazione dei finanziamenti senza incorrere in perdite. In pratica, non hanno convenienza. Tra i fattori che compongono il tasso di interesse possiamo annoverare i costi di raccolta, di istruttoria, di gestione, le politiche commerciali e, per la parte del finanziamento non garantita, la rischiosità del debitore. Tutti fattori che annullano il già minimo guadagno sui mini prestiti.