Il rendimento dei Btp dipende anche dalle pensioni. Direte, ma cosa c’entra il Btp con le rendite vitalizie? Ebbene il confine apparentemente ampio è molto sottile perché i titoli di stato sono emessi anche per pagare le pensioni degli italiani.

Quando si parla di debito pubblico, ad esempio, si fa riferimento a cifre generiche, quasi astratte, ma che, a tutti gli effetti, rappresentano un po’ la cartina di tornasole dello stato delle finanze dell’Italia. E la montagna di debiti accumulati in passato e rifinanziati ogni anno dal Tesoro deriva anche dalla aumentata spesa per le pensioni.

Quanto costano le pensioni in Italia

Secondo i dati Inps riferiti al 2021, questa spesa è lievitata a 312 miliardi di euro con tendenza all’aumento nei prossimi anni per svariati fattori che non stiamo qui a descrivere. Una spesa che rappresenta quasi il 17% del Pil, tanto per intenderci, ed è fra le più alte d’Europa.

Questo è uno dei motivi per il quale da Bruxelles hanno recentemente e per l’ennesima volta tirato le orecchie al governo Meloni per non aver fatto abbastanza per tagliare le pensioni anticipate. Esse sono viste come il fumo negli occhi dai tecnocratici europei, emissari dei grandi poteri economici e finanziari che regolano le politiche monetarie internazionali.

In altre parole, se l’Italia spende troppo per le pensioni, ne va della sostenibilità finanziaria del sistema economico e quindi degli interessi di chi compra e finanzia il nostro debito pubblico. Che è poi quello che ha sempre detto l’ex presidente Mario Draghi, uno dei candidati alla successione della premier Von der Leyen.

Pensioni e Btp, cosa c’è da sapere

Detto questo, torniamo ai Btp. I rendimenti dei nostri titoli di Stato sono quindi strettamente legati a doppio filo con la spesa pensionistica. Se quest’ultima sale, aumenta anche il rendimento dei Btp.

Tradotto, sul mercato i prezzi si abbassano e aumenta il rischio in capo a chi presta denaro all’Italia.

Da un lato potrebbe far comodo ai grandi investitori che il nostro Paese sia profondamente indebitato, anche grazie alle pensioni, dall’altro questo comporta dei sacrifici che ricadono sulla collettività. In altre parole, più tasse da pagare per tutti per sostenere politiche sociali dispendiose.

In questo senso va anche l’introduzione del reddito di cittadinanza e gli interventi assistenziali, sempre più corposi e numerosi a partire da quelli sulle pensioni. Si pensi, ad esempio all’incremento extra dell’importo del trattamento minimo di pensione a partire dal 2023.

In termini rigorosamente tecnici, il rapporto debito/Pil innalza il rendimento dei Btp e fa salire lo spread con il corrispondente titolo di stato tedesco (Bund) a 10 anni. Un metro di valutazione che gli investitori tengono costantemente monitorato per fare affari in Italia.

Le uscite anticipate

Inquadrato bene questo concetto, risulta più facile comprendere perché il governo punta a tagliare le pensioni. O meglio, la spesa per le pensioni. Nel mirino ci sono quella anticipate, come sempre, che i grossi poteri finanziari non vedono di buon occhio.

Negli ultimi anni, fra una deroga e l’altra, dopo l’introduzione della legge Fornero nel 2012, l’età media dei pensionati in Italia è stata di circa 62 anni. Due anni in meo rispetto alla media Ocse. Con una spesa pensionistica che è salita di 90 miliardi di euro in 10 anni.

Questo, unito al fatto che in Italia si campa più a lungo che nel resto d’Europa, fa sì che la spesa previdenziale salga a dismisura rischiando di diventare incontrollabile. Soprattutto per quanto riguarda la parte assistenziale che prevede interventi a pioggia che attingono dalla fiscalità generale, già abbastanza elevata.

Ecco, quindi, spiegato perché il governo Meloni sta cercando di stringere sulle uscita anticipate.

Quota 103 funzionerà per 12 mesi soltanto e sarà limitata a poche migliaia di lavoratori beneficiari. Opzione Donna sarà prorogata con accorgimenti (forse) per fare in modo che sempre meno lavoratrici vi possano aderire. Così come Ape Sociale che troverà applicazione anche nel 2023 ma senza quell’ampliamento di categorie di lavoratori usuranti chiesti dai sindacati.

Rivalutazioni a metà

Ma ce n’è anche per le rivalutazioni delle pensioni già in pagamento. Non tutte potranno essere incrementate pienamente in base al carovita: solo quelle medio-basse. Quelle alte, sopra 5 volte il trattamento minimo non saranno rivalutate appieno, ma con incrementi ridotti in base all’importo della pensione.

Si dice che è una questione di equità sociale, di giustizia, ma la realtà è una sola: si tratta di una questione di soldi. In Italia, a differenza che altrove in Europa, se si spende di più per le pensioni, i prezzi dei Btp scendono e i governi rischiano di cadere. Come accadde nel 2011 con la crisi dello spread che portò alla fine del governo Berlusconi e all’arrivo di Monti che, con la Fornero, fece la riforma pensioni lacrime e sangue.