Andare in pensione con Quota 103 comporta da quest’anno una penalizzazione più pesante rispetto al 2023. Il calcolo della rendita avviene solo con il sistema contributivo, anche per gli anni lavorati e ricadenti in quello retributivo. A ciò bisogna sommare il fatto che l’uscita a 63 anni prevede un coefficiente di trasformazione del montante più basso che a 67 anni per la pensione di vecchiaia.

L’importo della pensione con Quota 103 è infatti determinato dall’applicazione del coefficiente di trasformazione su tutti i contributi versati.

Mentre fino alla fine dello scorso anno questo parametro era utilizzato solo per la parte contributiva di chi poteva far valere 41 anni di versamenti per andare in pensione anticipata a 63 anni di età. Una combinazione di fattori che fa diminuire l’importo della pensione anche di parecchio.

Importo della pensione con Quota 103, come si calcola

Per il lavoratore che si appresta ad andare in pensione, la prima regola da tener presente è che più si tarda l’uscita dal lavoro, maggiore sarà l’importo della pensione. Tuttavia la rendita dipende anche da un altro importante fattore. Da quanti contributi obbligatori sono stati versati nella cassa pensionistica di appartenenza durante la carriera lavorativa. Maggiore è il montante contributivo e più alta sarà la pensione.

A chi ha 41 anni di contributi quest’anno non conviene andare in pensione con Quota 103 perché buona parte di questi versamenti, circa un terzo, saranno ricalcolati come se fossero stati fatti dopo il 1995. Si perde quindi in rivalutazione e sistema di calcolo. Fino al 31 dicembre 2023, di fatto, per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 si applicava il sistema di calcolo misto della pensione. Cioè la rendita viene quantificata in parte col sistema retributivo per i versamenti ante 1996 (più vantaggioso) e in parte col sistema contributivo per i periodi di copertura dal 1996 in avanti.

Ma da quest’anno ciò non è più possibile se si opta per la pensione anticipata con Quota 103.

Rispetto allo scorso anno, a parità di età della pensione e di contributi versati, corre una differenza che arriva mediamente al 16-17% del totale.Su un assegno da 1.500 euro al mese si tratta di circa 250 euro. Non poco di sicuro.

Restare al lavoro o ritardare l’uscita

Come evitare quindi di rimetterci? La risposta è semplice: ritardare l’acceso alla pensione. Ma non di tanto, si tratta di aspettare ancora un po’. Con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne si può tranquillamente andare in pensione senza incorrere in penalizzazioni di sorta. Soglia contributiva che può essere raggiunta anche con versamenti volontari, non necessariamente andando a lavorare.

Per gli uomini si tratta di restare al lavoro 22 mesi ancora, ma per le donne la distanza che le separa dalla pensione anticipata è di soli 10 mesi. Un traguardo che può essere raggiunto senza particolari sacrifici in più. Per chi è dipendente, poi, c’è anche la possibilità di ottenere gli incentivi economici (ex bonus Maroni) legati alla rinuncia a Quota 103.

C’è, infine, da ricordare che ritardare la pensione di 1-2 anni rispetto ai 63 previsti da Quota 103 implicherà un assegno più alto perché calcolato, sia su un montante contributivo maggiore, sia su un’età anagrafica più alta. Uscire e 64 anni di età è economicamente infatti più vantaggioso che uscire a 63.

Riassumendo…

  • Andare in pensione con Quota 103 implica una perdita sull’assegno anche del 17%.
  • Cosa cambia da quest’anno e perché conviene lavorare ancora dopo i 63 anni di età.
  • Il vantaggio della rinuncia alla pensione anticipata con Quota 103.