Per andare in pensione a 67 anni coi requisiti ordinari (vecchiaia) è necessario aver lavorato almeno 20 anni nella vita. E’ questo il requisito minimo contributivo affinché si possa ottenere la rendita dall’Inps. Per chi non possiede contributi versati prima del 1996 vi è poi da rispettare anche la soglia minima di importo della pensione pari a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale.

Ma quanto si prende di pensione con 20 anni di contributi al raggiungimento dell’età? La domanda è lecita, ma dare una risposta precisa è impossibile in quanto incidono molte variabili sul calcolo dell’assegno.

Una volta era abbastanza semplice saperlo perché la pensione era calcolata unicamente con sistema retributivo e si prendeva a riferimento, in prevalenza, la media degli ultimi 5 anni di retribuzione.

Il calcolo della pensione

Oggi è tutto più complicato. Bisogna guardare quanti anni di contributi sono stati versati prima del 1996 (nel sistema retributivo) e quanti dopo. Bisogna poi considerare la rivalutazione del montante contributivo nel tempo. Il coefficiente di trasformazione e i versamenti dei contributi totali.

Se un lavoratore ha alle spalle una carriera lineare e continua, il calcolo approssimativo della pensione è abbastanza semplice. Ma se un lavoratore ha un passato travagliato da lavori saltuari, lavoretti, contratti part-time, periodi di disoccupazione e versamenti fatti in gestioni pensionistiche differenti, il calcolo è difficile.

Di regola, però, bisogna tener presente che più passano gli anni e meno corposa sarà la pensione per effetto dell’esaurimento del sistema di calcolo misto. All’interno di esso la parte retributiva sostiene l’importo della pensione.

Il tasso di sostituzione

Pertanto fare delle simulazioni, in questo senso, è del tutto approssimativo. Chi va in pensione, ad esempio con 20 anni di contributi versati nel sistema misto prenderà di più della stessa persona che ci va con gli stessi anni di contributi versati solo nel sistema contributivo.

Lo stesso si può dire, a parità di regime di calcolo, se un lavoratore si ritrova 20 anni di contributi pieni e l’altro 18 anni più due di Naspi, ad esempio.

O anche 10 anni di contributi versati nella gestione FPDL e 10 anni nella Gestione Separata.

Unica cosa possibile è fare delle simulazioni quando si arriva a ridosso dell’età della pensione per sapere esattamente quanto spetta. Di certo si sa che il tasso di sostituzione è in decrescita. Oggi si va in pensione con il 65-70 per cento della media delle ultime retribuzioni per chi può beneficiare del calcolo misto. Fra una decina di anni si andrà in pensione con il 60-65 per cento.

Percentuale che potrebbe anche scendere se la carriera lavorativa non è continua e le retribuzioni sono saltuarie con buchi previdenziali anche lunghi.

Quanto si prende di pensione con 20 anni di contributi

Facciamo un esempio pratico per rispondere alla domanda iniziale. Un lavoratore dipendente o autonomo con una retribuzione media di 25 mila euro all’anno, dopo 20 anni si ritroverebbe un montante contributivo di 180 mila euro. Su questo tesoretto, opportunamente rivalutato nel tempo, l’Inps calcola l’importo della pensione.

Supponendo che il lavoratore abbia lavorato almeno una settimana prima del 1996 e quindi abbia diritto alla liquidazione del trattamento senza il limite di 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (oggi 1.006 euro al mese), bisogna applicare il relativo coefficiente di trasformazione aggiornato. Tale percentuale a 67 anni di età, per uomini e donne, è pari a 5,723%.

Ne deriva che l’importo della pensione sarà pari a 10.301 euro all’anno, cioè 792 euro al mese. Si tratta di un importo liquidato al raggiungimento dei requisiti minimi per ottenere la pensione di vecchiaia. Ovviamente aumentando l’età e/o i contributi versati sale anche la pensione. Ma qui abbiamo voluto prendere a esempio solo il caso limite di un lavoratore con 20 anni di lavoro alle spalle.