Quota 103 non è così conveniente come sembra di primo acchito. L’uscita anticipata dal lavoro a 62 anni presenta dei vantaggi, ma anche alcuni inconvenienti che è bene tenere in giusta considerazione. Soprattutto se alle spalle si hanno più di 41 anni di contributi.

Come noto, quota 103 permette a chi, durante quest’anno, raggiunge i 62 anni di età e matura almeno 41 anni di contributi. Quindi parliamo dei nati nel 1961 o prima. L’opzione ha validità solo per chi matura tali requisiti entro il 2023, ma poi si può andare in pensione anche successivamente grazie alla cristallizzazione del diritto.

A chi conviene veramente Quota 103

Ma chi in sostanza ha convenienza ad andare in pensione con Quota 103? In base alle simulazione degli esperti, non tutte le classi di età hanno interesse ad anticipare l’uscita dal lavoro rispetto al pensionamento di vecchiaia a 67 anni. O anche rispetto all’uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne) di contributi indipendentemente dall’età.

Sostanzialmente, solo i nati nel 1961 e con 41 anni di contributi ne traggono vantaggio. Chi è nato dopo non ne ha diritto, mentre chi è nato prima avrà quest’anno più di 62 anni e forse farebbe bene a guardare ad altre vie di uscita più convenienti. Come quella prevista per la pensione di vecchiaia a 67 anni o, in alternativa, le altre deroghe previste dal nostro ordinamento.

La cosa che infatti bisogna sempre tener presente per valutare la convenienza ad andare in pensione è che più è alta l’età anagrafica, maggiore sarà l’importo della rendita. In base ai coefficienti di trasformazione, quindi, andare in pensione a 62, benché con 41 anni di contributi alle spalle, equivale a una perdita potenziale di almeno il 17,1% di rendita rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età con gli stessi contributi.

Cosa si perde con l’uscita anticipata

Posto che un lavoratore accetti di andare in pensione con Quota 103, è utile sapere che vi sono alcune restrizioni.

La prima è quella che riguarda l’importo dell’assegno. La legge prevede che la pensione liquidata con questo sistema non possa superare 5 volte il valore del trattamento minimo, cioè 2.840 euro circa. Tale limite resta valido fino alla maturazione dei requisiti di vecchiaia, poi decade.

Ma, ammesso che un lavoratore non debba fare conto di tale soglia, resta il divieto di cumulare la pensione con redditi da lavoro. Fatto salvo quanto possa derivare da lavoretti occasionali autonomi nella misura di massimo 5.000 euro lordi annui. Il superamento di tale soglia implica la sospensione della pensione.

Per gli statali c’è poi il problema del TFS. Il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici è liquidato dall’Inps solo dopo che sono maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia. A 67 anni di età o anticipata con 41-42 anni e 10 mesi di contributi.

Quota 103: andare in pensione a 62 anni, vantaggi e svantaggi

Sicché, solo chi centra esattamente i requisiti previsti per Quota 103 quest’anno ha convenienza a fare domanda di pensione. Ma non tanto per via dell’importo della stessa, quanto per il fatto che i tempi di attesa per la pensione ordinaria potrebbero essere ancora lunghi. Soprattutto per gli uomini. Ricordiamo, infatti, che con 42 anni e 10 mesi di contributi versati, a prescindere dall’età, si può andare in pensione senz ai vincoli rpevisti da Quota 103. Per le donne, invece, si tratta di restare al lavoro ancora 10 mesi.

Chi è nato prima del 1961, in buona sostanza, farebbe bene a valutare di aspettare i 67 anni della pensione di vecchiaia o i 41-42 anni e 10 mesi di quella anticipata. Considerando al contempo la possibilità di restare ancora al lavoro sfruttando l’opportunità offerta del bonus Maroni per prendere uno stipendio più alto. Apetti che, se ben ponderati, possono condurre a percepire una pensione più alta e senza dover rispettare i vincoli imposti dalle regole di Quota 103.