Bisognerebbe volere solo quanto basta per vivere; non appena si vuole un po’ di più o un po’ di meno, prima o poi ci si deteriora e si finisce per precipitare“, affermava Emil Cioran. Inutile negarlo, capita a tutti di desiderare di avere qualcosa in più rispetto a ciò che si possiede. Voler migliorare, d’altronde, è un sentimento del tutto naturale. Non sempre, però, ciò è possibile.

Questo a causa delle disponibilità finanziarie che, complice la crisi economica in corso, risultano spesso particolarmente limitate.

Se tutto questo non bastasse bisogna fare i conti anche con dei vincoli imposti dalla burocrazia. Ne è un chiaro esempio l’accesso a quota 103 che non è ammesso nel caso in cui si percepiscano altre entrate. Ecco come funziona.

Legge di Bilancio, nuovo schema di anticipo pensionistico per contrastare la Fornero

Attraverso la Manovra 2023 l’esecutivo ha introdotto diverse novità anche per quanto concerne il mondo delle pensioni. In particolare, così si legge sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con l’intento di contrastare il ritorno della Legge Fornero, l’ultima Legge di bilancio ha introdotto per l’anno in corso:

“un nuovo schema di anticipo pensionistico per il 2023 che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica (quota 103). Per chi decide di restare a lavoro rifinanziato bonus Maroni che prevede una decontribuzione di circa il 10%”.

Quota 103, quello che prendi deve bastare per sopravvivere

Per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro grazie a quota 103, i lavoratori interessati devono provvedere a presentare apposita domanda all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Quest’ultimo provvede così a verificare la sussistenza dei requisiti per poter erogare o meno tale misura. Ma non solo, l’Inps provvede ad interpellare il lavoratore nel caso in cui, durante la fase di istruttoria, si accerti che il soggetto interessato abbia maturato prima di gennaio 2023 i requisiti per accedere a quota 100 o quota 102.

In tal caso il lavoratore deve manifestare la propria volontà e scegliere tra quota 100, 102 o 103. In tutti e tre i casi, come reso noto sempre dalla stessa Inps:

“L’art. 14 del decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con la legge 28 marzo 2019, n. 26 e successive modifiche, prevede che la Pensione di cui all’art. 14, comma 1 (cosiddetta Pensione Quota 100 – Quota 102) e all’art. 14.1 (Pensione Anticipata Flessibile) non sia cumulabile, dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro annui lordi”.

Sempre l’Inps ha di recente ribadito che nel caso in cui un soggetto percepisca un reddito, anche di piccolo importo, frutto di lavoro dipendente, autonomo o co.co.co., in Italia oppure all’estero, deve fare i conti con uno stop del trattamento pensionistico per l’intero anno di produzione del reddito. Chi va in pensione con quota 103 e continua a lavorare, pertanto, non si vedrà erogare l’assegno dall’istituto di previdenza. Questo per via dell’incompatibilità di tale misura con altre fonti di entrata.

L’importo del trattamento economico, inoltre, non può superare le cinque volte il trattamento minimo Inps. Ovvero deve essere pari a massimo 2.818,65 euro lordi al mese. Tale tetto viene applicato fino al raggiungimento dell’età di 67 anni, quando il lavoratore matura i diritti per accedere alla pensione di vecchiaia.