Quota 41 resta un obiettivo del Governo. Se ne discuterà ancora a settembre quando saranno più chiare le disponibilità economiche e ci si avvicinerà alla presentazione della legge di bilancio 2024. Un altro incontro fra esecutivo e sindacati è previsto per il prossimo 5 settembre, dopo la pausa estiva.

Come noto, il nodo da sciogliere sono i costi. Il Governo non farà alcuna riforma a debito. O meglio, niente che non sarà sostenibile finanziariamente in maniera autonoma. Come del resto aveva già detto l’ex premier Mario Draghi al tempo del varo di Quota 102 per evitare lo scalone con le regole Fornero dalla fine di Quota 100.

Quota 41 costa troppo

Mandare in pensione i lavoratori con 41 anni di contributi, benché sia sacrosanto, non è possibile. Dalle previsioni di spesa effettuate dall’Inps salta fuori un costo troppo eccessivo per lo Stato. Costerebbe qualcosa come 18 miliardi di euro per i primi tre anni.

Cifra che il Governo dovrà già stanziare per rivalutare le pensioni esistenti nel 2024 per le quale si prospetta una ricaduta dell’inflazione ancora elevata. E questo rappresenta una priorità da inserire nella legge di bilancio rispetto alla riforma pensioni tanto invocata da sindacati e lavoratori per il dopo Quota 103.

Quota 41, quindi, come vorrebbero i sindacati e come propone la Lega rischia di rimanere un mero slogan elettorale. Oltretutto andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi sociali. Già oggi si può uscire dal lavoro 1-2 anni e 10 mesi più tardi, come previsto dalle regole Fornero.

Quota 41 fra versione light e rinvio di un anno

Così sul tavolo delle trattative potrebbe ballare l’ennesimo rinvio. A meno che i sindacati non accettino dei tagli per i lavoratori. Ma come? Se ne è parlato spesso tecnici ed esperti di previdenza del Ministero dell’Economia hanno formulato alcune ipotesi. La più accreditata sarebbe quella di concedere Quota 41 ma solo col ricalcolo contributivo.

Come avviene per Opzione Donna.

In pratica, il lavoratore che accetta di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica potrebbe ottenere una pensione anticipata ma solo se disposto a migrare i contributi versati dal sistema retributivo a quello contributivo. Ne deriverebbe una penalizzazione di circa il 10% dell’assegno per il 2024. Percentuale che si ridurrebbe per chi andrà in pensione negli anni successivi.

Il peso della parte retributiva per un lavoratore con 41 anni di contributi nel 2024 sarebbe meno un terzo del totale del monte contributivo (12 anni su 41). Peso che tenderà a diminuire nel 2025, 2026, ecc. fino ad azzerarsi nel 2036. In coincidenza con l’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo per tutti.

La pensione anticipata a 41-42 anni e 10 mesi

Quota 41, così concepita, sarebbe una riforma accettabile perché ridurrebbe l’impatto della spesa pubblica anticipando l’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo. Ma, d’altro canto, non servirebbe a molto rappresentando l’ennesimo specchietto per le allodole. A ben guardare già oggi si può andare in pensione anticipata con 1-2 anni e 10 mesi in più di lavoro. E senza subire penalizzazioni di sorta legate al sistema di calcolo della rendita. Quindi Quota 41 col ricalcolo contributivo, alla fine dei conti, potrebbe risultare meno conveniente di quanto si possa immaginare.

Un lavoratore difficilmente accetterà di andare in pensione con 41 anni di contributi subendo un taglio della rendita del 10% circa quando aspettando 18 mesi potrebbe ottenere l’assegno pieno. Per una donna i tempi di attesa sarebbero addirittura di soli 10 mesi.

Riassumendo…

  • L’ipotesi di riforma pensioni con Quota 41 in versione light prevede il ricalcolo contributivo.
  • Poche risorse disponibili per fare una riforma più favorevole ai lavoratori.
  • Quota 41 contributiva comporterebbe una penalizzazione della pensione.
  • L’alternativa delle pensioni anticipate con 41-42 anni e 10 mesi di contributi.