Per andare in pensione occorre rispettare essenzialmente due requisiti: uno anagrafico e uno contributivo. Per il primo bisogna solo attendere il raggiungimento dell’età prevista dalla legge, mentre per il secondo è necessario che sia stato versato un certo numero di contributi.

Per questo secondo requisito, non è necessario solo aver lavorato, anche se la maggior parte dei contributi è di natura obbligatoria a seguito di attività lavorativa. La legge prevede la possibilità di effettuare anche versamenti volontari a seguito di riscatto, cessazione o perdita del lavoro.

Il riscatto dei contributi, come funziona

La procedura di riscatto dei contributi si basa su versamenti volontari che devono essere preventivamente autorizzati dall’Inps. La misura da corrispondere varia a seconda dei periodi contributivi da riscattare, dall’età del richiedente, dal sesso e dalla retribuzione. L’esempio più noto è il riscatto della laurea, ma la legge prevede il riscatto dei contributi anche nelle seguenti altre fattispecie:

  • Periodi di lavoro svolto all’estero: qualora il lavoratore abbia prestato attività lavorativa subordinata presso uno Stato estero che non abbia stipulato una convenzione con l’Italia;
  • Periodi di formazione professionale, studio e ricerca con rilascio di titoli o attestati legalmente riconosciuti;
  • Intervalli di lavoro part-time;
  • Periodi di congedo per gravi motivi familiari: il lavoratore può riscattare al massimo 2 anni;
  • Periodi di assistenza e cura dei disabili: il lavoratore può riscattare al massimo 5 anni, purché abbia maturato cinque anni di requisiti contributivi.
  • Periodi di astensione facoltativa per maternità fuori dal rapporto di lavoro: la lavoratrice potrà riscattare un periodo non superiore a 5 anni qualora vanti un’anzianità contributiva pari ad almeno un quinquennio;
  • Peridi di servizio civile volontario.

I versamenti volontari

I versamenti volontari di contributi permettono all’assicurato di coprire eventuali periodi di lavoro rimasti scoperti o di tappare buchi previdenziali ai fini pensionistici. Ma anche di proseguire coi versamenti dopo aver cessato l’attività, fino a raggiungere il requisito minimo necessario per andare in pensione.

Così, ad esempio, se a un lavoratore prossimo alla pensione di vecchiaia per la quale occorrono almeno 20 anni di contributi gli mancano 12 mesi, può pagarsi i periodi mancanti su base volontaria.

La prosecuzione volontaria dei versamenti contributivi non è automatica, ma deve sempre essere autorizzata dall’Inps o dalla cassa pensionistica di appartenenza. A seguito di domanda telematica, il contribuente riceve l’approvazione (o il diniego) ai versamenti volontari con i termini di pagamento che sono ogni 3 mesi e l’importo da corrispondere.

Ovviamente l’ostacolo principale è rappresentato dal costo che bisogna sostenere per coprire i periodo scoperti. L’importo, a seconda dei casi e delle varie gestioni previdenziali, può raggiungere cifre importati non sempre sostenibili.