Rinviata all’autunno la riforma delle pensioni, almeno questa sembra essere la strada intrapresa dal governo, chiamato a ritoccare la legge previdenziale. Se la riforma verrà fatta, sarà inserita nel consueto pacchetto pensioni della manovra di Bilancio di fine anno.

Sembra paradossale che, in un periodo costellato da altre urgenze come la riforma del fisco, la conferma del taglio del cuneo fiscale, e la procedura di infrazione della UE, si riesca a portare a termine la riforma delle pensioni. Tuttavia, pare proprio che ci siano buoni propositi.

Ma con quali misure? Questo è ancora da vedere.

Anche perché, per forza di cose, alcune difficoltà verranno incontrate dai legislatori nel tentativo di superare una volta per tutte la riforma Fornero.

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Nonostante tutto, la misura che più di altre suscita l’interesse della popolazione in materia di riforma delle pensioni è la quota 41 per tutti. La Lega, con alcuni suoi noti esponenti tra cui il solito Claudio Durigon, continua a sostenere fermamente il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e per tutti i lavoratori indistintamente.

Tuttavia, questa misura potrebbe non nascere come tutti sognavano, ovvero neutra da penalizzazioni e tagli. Infatti, l’assegno verrebbe calcolato con il penalizzante sistema contributivo.

Il perché è presto detto: una pensione calcolata con il sistema contributivo per chi ha 41 anni di contributi e più di 18 anni versati prima del 1996 è seriamente ridotta come importi. Si tratta di lavoratori che avrebbero dovuto avere diritto al calcolo retributivo per tutti i periodi fino al 31 dicembre 2011. La misura diventerà quindi meno appetibile, almeno stando alle ultime ipotesi di riforma delle pensioni. I lavoratori dovranno scegliere tra lasciare prima il lavoro o accettare una pensione più bassa, rinunciando a una parte di ciò che hanno accantonato.

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Le misure a basso impatto per le casse pubbliche sono quelle che nella maggioranza dei casi i legislatori possono approntare.

Non esistono vie differenti, vista la procedura di infrazione della UE e tutte le altre priorità. Pertanto, le proposte di modifica del sistema si susseguono a ritmo costante, con alcune nuove ipotesi, come quella del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

Il CNEL, un pool di esperti che lavora tra le altre cose anche a eventuali modifiche al sistema pensionistico, ha proposto una nuova pensione di vecchiaia. Questa nuova pensione potrebbe essere meno favorevole di quella attuale, ma con una maggiore flessibilità. Infatti, si parla di una pensione di vecchiaia che oggi si completa con 67 anni di età e 20 anni di contributi, ritoccata mantenendo l’età anagrafica a 67 anni ma aumentando i contributi a 25 anni.

Inoltre, la pensione sarebbe liquidata solo se di importo superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Questa nuova versione della pensione di vecchiaia sembra notevolmente peggiorativa.

Diverse ipotesi in campo per la riforma delle pensioni

Il CNEL sembra propendere verso una riforma pensionistica particolare, confermando le attuali pensioni anticipate ma garantendo la flessibilità in uscita dai 64 ai 72 anni di età. Ci sarebbe un meccanismo di premialità per chi resta al lavoro oltre i 67 anni e, al contrario, penalizzazioni per chi esce prima dell’età pensionabile vigente. Tuttavia, appare difficile che i sindacati accettino queste proposte. I sindacati parlavano anche di flessibilità in uscita, ma a partire dai 62 anni e senza penalizzazioni.

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Solo il tempo dirà se queste ipotesi potranno trovare spazio. È immaginabile che emergano anche nuove strade percorribili, senza escludere la possibilità che si arrivi a un nulla di fatto.

Il governo potrebbe anche optare per confermare le misure in scadenza il 31 dicembre prossimo, come quota 103, l’Ape sociale e Opzione Donna, magari ritoccando alcuni contenuti. Ad esempio, qualcuno vorrebbe trasformare quota 103 in quota 104, aumentando l’età da 62 a 63 anni. In definitiva, riforma delle pensioni o meno, probabilmente qualcosa accadrà, ma non tutto sarà positivo.