Le notizie e indiscrezioni trapelate recentemente lasciano ben sperare per una nuova riforma delle pensioni, che dovrebbe essere accolta positivamente da un vasto spettro di attori politici e sociali. Nonostante le difficoltà abituali, la riforma intende ottenere il favore non solo della maggioranza di governo che deve vararla, ma anche delle opposizioni, dei sindacati, di Bruxelles e dei tecnici dello Stato, data la rilevanza della spesa pubblica. Attualmente, sembra rimanere in gioco una sola proposta, ovvero la cosiddetta “quota 41” per tutti.

Nonostante ciò, questo non sembra un compito facile. Molti vedono in questa misura una soluzione ottimale, credendo che possa permettere a più lavoratori di andare in pensione con requisiti simili a quelli vigenti prima della legge Fornero. Tuttavia, alcuni esponenti del governo, soprattutto leghisti, continuano a promuovere questa idea.

C’è un progetto di riforma delle pensioni che verrà presentato in estate, parola di Massimo Garavaglia

“Il progetto che ho in mente risolverà tutto già dal 2025”, ha dichiarato Massimo Garavaglia, Presidente della Commissione Finanze del Senato e membro della Lega, sul sito di “Affari italiani”. Tuttavia, ha scelto di non divulgarne i dettagli, promettendo di presentare la proposta durante l’estate. Secondo Garavaglia, questa misura dovrebbe ottenere un ampio consenso sia politico sia sindacale, e permetterebbe addirittura di generare entrate per lo Stato, oltrepassando gli ostacoli posti dalla riforma Fornero. Nonostante manchino dettagli concreti, la “quota 41 per tutti” sembra essere al centro dei suoi piani.

Riforma delle pensioni: c’è la soluzione che piace a tutti e che fa risparmiare lo Stato

La “quota 41 per tutti” è una misura che suscita dibattiti, poiché potrebbe significare un ritorno alle pensioni di anzianità, le quali consentono l’uscita dal lavoro con 40 anni di contributi e senza limiti di età. Questo sistema abbasserebbe di fatto la soglia per l’accesso alle pensioni, portandola quasi ai livelli pre-Fornero.

Sebbene ci siano numerose critiche focalizzate principalmente sulla sostenibilità finanziaria, molti esperti ritengono che tale misura sia insostenibile per le casse dello Stato. A meno che non si imponga un ricalcolo contributivo.

In questo caso, un lavoratore potrebbe dover accettare un taglio medio dell’assegno del 35%. Ciò significherebbe che una pensione originaria di 2.000 euro mensili, dopo una carriera di 42,10 anni, sarebbe ridotta a circa 1.200 euro al mese con 41 anni di contributi.

Ecco i calcoli che dimostrano la bontà della riforma delle pensioni di quota 41 per tutti

Secondo i nostri calcoli, che sono ipotetici e non ufficiali, se si considera la vita media degli italiani attorno agli 82 anni e l’età media di uscita di 60 anni con la “quota 41 per tutti“, emergono potenziali risparmi per lo Stato. Un lavoratore cesserebbe i versamenti contributivi a 41 anni anziché a 42,10 anni. I mancati versamenti sarebbero bilanciati dalle nuove assunzioni necessarie per promuovere il ricambio generazionale.

Per quanto riguarda il pensionato, si dovrebbe valutare l’impatto del taglio dell’assegno per tutta la durata della vita del lavoratore. Un pensionato percepirebbe il trattamento ridotto per circa 22 anni, con un risparmio per lo Stato che supererebbe i 220.000 euro a pensionato. A fronte di una spesa extra per garantire i 22 mesi di trattamento anticipato, che non raggiunge i 30.000 euro.

Cosa bisogna aspettarsi adesso e come cambiare

I calcoli presentati sono puramente esemplificativi. E non tengono conto di numerosi altri fattori che lo Stato deve valutare in termini di spesa previdenziale da contenere. Mentre attendiamo che il Presidente Garavaglia presenti la sua proposta, è chiaro che la sola “quota 41 per tutti” potrebbe non essere sufficiente. Questa misura tende a beneficiare chi ha carriere lunghe e continue, ignorando i lavoratori con contratto precario, stagionale o part-time. È necessario favorire l’uscita anticipata anche per coloro che hanno meno anni di contributi, garantendo loro una pensione più dignitosa.

Perché con il sistema contributivo e pochi anni di contribuzione, si rischia di condurre i futuri pensionati verso condizioni economiche da fame.