Cancellazione, taglio, sgravio. Il piano fiscale del Governo Meloni passa da una serie di vocaboli che, per forza di cose, dovranno trovare una quadratura a breve termine. Non solo per mantenere una promessa elettorale ma anche per garantirsi una stabilità interna alla coalizione di Centrodestra, visto che alcune forze politiche avevano messo la pace fiscale al centro del loro programma. Con la ventura Legge di Bilancio, andrà chiarita l’intenzione reale dell’esecutivo di procedere con una riduzione del peso del Fisco sulle spalle dei contribuenti.

Un passaggio che potrebbe risultare fondamentale (in forma, se vogliamo, di riforma fiscale), se non altro per lo scetticismo che, nei mesi scorsi, aveva accompagnato le possibilità di un nuovo sgravio fiscale sullo stile di quanto disposto durante il periodo più duro della pandemia.

Il piano del Governo, in realtà, dovrebbe puntare su un compromesso: cancellazione o riduzione, a seconda dei casi, dei pagamenti fiscali dovuti ma non ancora versati. Come primo passo, si cercherà di ammortizzare i pagamenti di chi è ancora in ritardo sul dovuto ma con presentazione regolare della dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate. In seguito, potrebbe essere rivista anche la posizione di chi è indietro sulle tasse e con i vari pagamenti fiscali. A determinate condizioni chiaramente.

I punti della (quasi) riforma fiscale

La novità interessante, è che nel processo di verifica delle posizioni fiscali potrebbero essere riviste quelle relative a procedimenti in corso per la riscossione dei tributi non versati. Fra le ipotesi in campo, figura la cancellazione totale dei debiti fino a mille uro, oltre che un’imposta dimezzata per le cartelle esattoriali non saldate non superiori a 3 mila euro. Con possibilità, peraltro, di rateizzare i pagamenti omessi. È probabile che il pacchetto di misure in vista arriverà con un decreto apposito a braccetto con la prossima Legge di Bilancio.

La quale, come ampiamente annunciato, cercherà in primis di mettere in cassa le risorse per garantire il galleggiamento nel mare in tempesta della crisi energetica. Tuttavia, la pace fiscale rappresenta il secondo step.

La promessa di ridurre le tasse, infatti, inizierà proprio con uno sgravio perlomeno sui debiti di minore entità. Una sorta di riforma fiscale che, se da un lato non andrà a modificare in grande sostanza il programma di tassazione, dall’altro consentirà di togliere di mezzo i vecchi debiti tramite due strategie. Ossia cancellazione o rottamazione sull’impostazione del saldo e stralcio. Una sorta di condono mascherato, almeno su sanzioni e interessi.

Taglio o riduzione

Il problema, ormai da diversi mesi, riguarda il massiccio invio di cartelle esattoriali ai contribuenti, frenate dalle varie misure di rallentamento dovute in fase di emergenza pandemica. Un muro fiscale da 1.132 miliardi di euro, troppo imponente per permettere ai contribuenti di farvi fronte senza difficoltà. Anche perché, successivamente alla crisi del Covid-19, la situazione si è tutt’altro che stabilizzata, imponendo ai cittadini un confronto impietoso con il tasso di inflazione e con i conseguenti rincari generalizzati. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, non ha parlato di riforma fiscale, quanto di una nuova strategia di regolarizzazione dei propri rapporti con l’erario. Innanzitutto, “l’imposta va sempre pagata”.

Quel che cambia, semmai, è il piano temporale e il giudizio sugli importi minori non saldati. Sulla falsa riga di quanto avvenuto negli ultimi tempi con le cartelle esattoriali pluridecennali e inferiori a una certa somma, il Governo starebbe valutando la sforbiciata su quelle datate fino al 2015 e con importo non superiore a mille euro. Al di sopra dei 3 mila, l’imposta evasa potrebbe essere ridotta del 50% (le sanzioni, forse, del 5%). Tagliare laddove possibile e prendere meno ma prendere qualcosa dove il colpo di forbice non è possibile.

Tanto per ribadire come, giunti a un certo punto, i debiti pendenti risultino quasi più un peso che una possibile fonte di riscossione per il Fisco.