La legge delega fiscale detta i punti che il governo dovrà seguire quando dovranno farsi i decreti che faranno la riforma fiscale italiana. In campo scendono i commercialisti con le loro proposte e con il loro parere su cosa va bene e cosa non va bene dei punti di questa delega.

Il giudizio della categoria è ampiamente positivo, anche perché il governo si è mostrato aperto ad una collaborazione e ad accettare proposte. E lo fa sapere direttamente il Consiglio nazionale dei commercialisti (CNDCEC) nel corso di un’audizione parlamentare presso la Commissione Finanze della Camera.

La tassa sugli interpelli non va bene

Una delle più importanti richieste che arriva dai commercialisti è l’eliminazione, dalla legge delega fiscale, della previsione secondo cui gli interpelli presentati all’Agenzia Entrate diventeranno a pagamento.

In pratica, il legislatore vorrebbe prevedere un contributo monetario da pagare per la presentazione di istanze di interpello all’Amministrazione finanziaria. Un contributo che varierebbe in funzione di due fattori, quali:

  • la tipologia di contribuente che formula la richiesta
  • il valore della questione.

Un contributo che dovrebbe essere destinato a finanziare l’attività di formazione continua degli operatori del fisco preposti a dare risposta a tali istanze.

Per i commercialisti, la tassa sugli interpelli, è una previsione che andrebbe eliminata, in quanto verrebbe meno proprio la finalità degli interpelli. Ossia, il confronto preventivo tra i fisco e il contribuente finalizzato a limitare per quanto più possibile il sorgere di contenziosi.

L’interpello, infatti, lo si presenta quando il contribuente ha un dubbio circa la corretta applicazione di una legge. Quindi, chiede il preventivo parere dell’Agenzia Entrate. In questo modo egli evita di mettere in atto un comportamento sbagliato, e, quindi, di cadere in sanzione.

Le altre proposte dei commercialisti per la riforma fiscale

Per la riforma fiscale, i commercialisti propongono anche norme volte a favorire le aggregazioni tra gli studi professionali.

A ciò si aggiungono queste altre richieste:

  • previsione di un regime opzionale di determinazione per cassa del reddito delle società tra professionisti costituite in forma di società di capitali
  • estensione del regime forfettario anche alle società tra persone e alle associazioni professionali
  • affermare il principio generale di piena equiparazione tra professionisti e imprese e ciò ai fini dell’accesso ad incentivi fiscali
  • revisione dell’istituto del reclamo/mediazione tributaria
  • potenziamento delle primalità connesse all’adesione al regime dell’adempimento collaborativo, attraverso l’esclusione delle sanzioni amministrative tributarie e delle sanzioni penali connesse al reato di dichiarazione infedele, nonché la riduzione di almeno tre anni dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.

Altre proposte riguardano l’IVA. Si chiede all’esecutivo di rivedere la disciplina, anche sanzionatoria, in materia di errori di fatturazione, con l’introduzione di una sanzione fissa. Infine, la categoria chiede di ampliare i termini per l’emissione delle note di variazione e per le richieste di rimborso dell’imposta non dovuta.

Trovi qui il comunicato CNDCEC con tutte le proposte sulla riforma fiscale.