Sulle pensioni si sta dicendo di tutto e di più. Ormai è un rincorrersi di voci e di ipotesi su una possibile revisione dell’attuale sistema pensionistico italiano che sembra andare troppo stretto al PD. Anche i sindacati premono per mettere mano al sistema pensionistico ritoccando quello che si può già con la manovra finanziaria.

Posto che quota 100, Ape Sociale e Opzione Donna non saranno toccati dalla legge di bilancio per il 2020 e semmai se ne riparlerà l’anno prossimo – come più volte ribadito dal leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio – sono in molti a premere per apportare qualche correzione già subito, anche nel timore che il governo Conte II possa non durare ancora molto visti i dissidi e la incompatibilità fra le forze politiche che lo reggono.

Quota 100 rosa

Recentemente, quindi si è parlato di riformare quota 100 andando a ridurre le finestre d’uscita già dal 2020 per ottenere ulteriori risparmi di spesa, ma i sindacati premono per soluzioni più incisive senza toccare l’architettura delle regole per il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi. E’ di queste ore la proposta da portare in Parlamento circa l’introduzione di quota 98, in deroga a quota 100, per le donne. Una specie di quota 100 rosa, come è già stata definita dalle lavoratrici. In cosa consisterebbe esattamente? All’atto pratico si tratterebbe di introdurre una piccola modifica che consentirebbe alle donne lavoratrici di andare in pensione con 62 anni di età e 36 anni di contributi, anziché 38 come previsto per gli uomini.

In pensione con 62 anni di età e 36 di contributi

Una modifica che però non avrebbe le dovute coperture finanziarie. Perché se è vero che si sono risparmiati 1,5 miliardi di euro con quota 100 sulla previsione di spesa 2019 e altri 2,5 si risparmieranno nel 2020, l’abbassamento del requisito contributivo per mandare in pensione le donne con due anni di lavoro in meno rispetto agli uomini costerebbe su una ipotetica platea di lavoratrici pensionabili qualcosa come 4,5 miliardi in più da qui al 2022.

E’ quindi improbabile – secondo gli esperti – che quota 98 per le donne possa vedere la luce nella manovra finanziaria, mentre è più credibile che nel 2020 il governo possa riordinare l’intera legislazione previdenziale e pensionistica con una riforma che tenga conto anche dei giovani e dei precari di oggi che avranno una pensione da fame al termine della carriera lavorativa con le attuali regole. Del resto il governo lo ha precisato: “nuovi tavoli con i sindacati verranno aperti a gennaio  per discutere le nuove misure che potrebbero essere adottate per riformare il sistema previdenziale”.