Come si lascerà il lavoro nel 2025 e con quale riforma pensioni? E’ questa la domanda che si pongono migliaia di lavoratori ancora in attesa di capire cosa il governo ha intenzione di fare a partire dal prossimo anno. La strada tracciata finora è quella di un graduale ritorno alle regole Fornero che si completerà con la fine di Quota 103.

Una strada che non piace ai lavoratori, abituati alle uscite anticipate grazie alle varie deroghe varate dai governi. Ma le esigenze di bilancio e la corsa inarrestabile della spesa previdenziale stanno mettendo a dura prova la tenuta dei conti pubblici.

Così, in assenza di interventi, pochissime strade restano da percorrere per una riforma pensioni credibile.

Riforma pensioni sempre più difficile

La riforma pensioni è ancora in fase di stallo e l’Inps è preoccupato per l’esplosione della spesa a causa del ritorno dell’inflazione. Nel 2023 il costo per le pensioni è salito a quota 304 miliardi di. Il 12% del Pil con una previsione di salita inarrestabile fino al 15% entro il 2035.

Numeri che non lasciano il minimo spazio a una riforma pensioni elastica che abbassi l’età pensionabile rispetto ai requisiti Fornero previsti oggi. Perché non è più possibile effettuare scostamenti di bilancio e finanziare prepensionamenti a debito. Pena il dissesto finanziario dell’Inps.

Tenendo conto delle previsioni demografiche dell’Istat e di quelle contenute nei documenti di finanza pubblica – fa notare l’Istituto – il rischio è di arrivare a fine 2029 con un patrimonio netto negativo di 92 miliardi di euro. Quindi margini di manovra ce ne sono pochi.

Quota 41 col contributivo o pensione in due tranches

In questo contesto, senza soldi, le strade per la riforma pensioni sono molto strette. Sul tavolo del Ministero del Lavoro ci sono due progetti che potrebbero essere realizzati a partire 2025 con la fine di Quota 103. Uno è quello di Quota 41 e l’altro riguarda la proposta dell’Inps per una pensione flessibile a partire da 64 anni di età.

La più accreditata è la prima e consisterebbe nella possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di lavoro indipendentemente dall’età. Ma a una condizione: che la pensione sia ricalcolata interamente col sistema contributivo. Come avviene oggi per Opzione Donna e Quota 103. I

n pratica, il lavoratore che accetta di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica potrebbe ottenere una pensione anticipata, ma solo se disposto a migrare i contributi versati dal sistema retributivo a quello contributivo. Ne deriverebbe una penalizzazione di circa il 10-12% dell’assegno per il 2025. Percentuale che si ridurrebbe per chi andrà in pensione negli anni successivi.

L’altra soluzione è la riforma pensioni, con assegno corrisposto in due tranches, proposta dall’Inps. Una strada più economica e flessibile. Una pensione a rate, in altre parole, con uscita iniziale a 64 anni con almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata. A cui si aggiungerebbe la restante parte retributiva della pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. In questo caso la spesa sarebbe di soli 500 milioni nel 2025, mentre salirebbe a 1,5 miliardi nel 2026 per terminare a 2,5 miliardi nel 2030.

Riassumendo…

  • Per il dopo Quota 103, due riforme pensioni possibili e poco costose per uscire prima.
  • Quota 41 col ricalcolo interamente contributivo è già in discussione da tempo.
  • La pensione in due tranches proposta dall’Inps per mandare in pensione i lavoratori a 63-64 anni.