Poco o nulla rimarrà per i lavoratori sotto i 64 anni per quanto riguarda la possibilità di andare in pensione anticipata. Questo è quanto emerge dalle indiscrezioni che circondano la riforma delle pensioni. L’ultimo incontro significativo tra il governo e i sindacati risale al settembre 2023, da allora non si sono registrati ulteriori sviluppi. Nonostante ciò, il dibattito rimane acceso sia tra i rappresentanti del governo sia tra gli osservatori esterni.

Anche la professoressa Elsa Fornero è tornata a intervenire, sostenendo durante il Festival dell’Economia di Trento, come riportato dall’ANSA, che le pensioni anticipate non sono la soluzione ai problemi degli italiani e che il sistema attuale rimane sostenibile proprio grazie all’assenza di misure di pensionamento eccessivamente anticipate rispetto a quelle da lei introdotte con la sua riforma.

Ecco la riforma delle pensioni: due scenari diversi, uno cattivo e l’altro terribile

La Fornero ha ribadito l’importanza del sistema contributivo come metodo principale di calcolo delle pensioni e ha respinto le proposte di introduzione di quota 41 per tutti, giudicandola insostenibile. Le sue parole sembrano confermare le tendenze emergenti dalle indiscrezioni riguardanti la riforma pensionistica.

Tradizionalmente, prima della pausa estiva e della chiusura dei lavori parlamentari, si discute di riforme previdenziali e di nuove misure da adottare. Con la riapertura dei lavori e l’approccio alla legge di bilancio di fine anno, si profilano novità previdenziali per il 2025. Nonostante le aspettative, è improbabile che venga introdotta quota 41, nonostante le dichiarazioni del leghista Claudio Durigon, che ha più volte sottolineato l’importanza di questa misura nei programmi elettorali della Lega.

Cosa è successo negli ultimi anni con le pensioni e le ipotesi di riforma delle pensioni

Nell’ultimo anno, l’approvazione della legge di bilancio ha deluso coloro che speravano in novità significative in ambito pensionistico. Le uniche misure introdotte sono state proroghe di disposizioni in scadenza il 31 dicembre 2023, estendendo la durata di opzione donna, quota 103 e l’Ape sociale fino al dicembre 2024.

Tuttavia, le modifiche apportate a queste disposizioni hanno reso meno allettanti le opzioni disponibili. Ad esempio, l’età minima per accedere a opzione donna si è incrementata di un anno, l’Ape sociale si è estesa di cinque mesi, e la quota 103 ha visto una riduzione del massimo pensionabile.

La prima ipotesi fa paura, ma non è la peggiore

Vista l’esperienza passata, è poco probabile che la prossima legge di bilancio presenti un cambiamento significativo di scenario. Più realisticamente, si potrebbe assistere a ulteriori proroghe delle misure in scadenza nel 2024, con piccoli aggiustamenti che potrebbero ulteriormente ridurre il numero di beneficiari o introdurre penalizzazioni più severe. In particolare, si è iniziato a discutere della transizione dalla quota 103 alla quota 104, che potrebbe comportare un aumento della finestra di decorrenza necessaria per accedere alla pensione.

Ecco lo scenario terribile a cui va dritta la materia previdenziale

L’introduzione della quota 104 potrebbe peggiorare notevolmente la situazione rispetto agli anni precedenti, aumentando l’età di uscita a 63 anni. E mantenendo invariati i 41 anni di contributi necessari. Tuttavia, uno scenario ancora più inquietante potrebbe essere la generalizzazione del calcolo contributivo per tutte le pensioni. Eliminando la parte retributiva per chi ha versato contributi prima del 1995.

Ciò significherebbe che tutte le nuove pensioni sarebbero calcolate esclusivamente con il metodo contributivo, portando a pensioni significativamente inferiori rispetto al passato. Questo possibile sviluppo non è ancora supportato da atti ufficiali. Ma sembra essere la direzione verso cui si sta orientando la discussione sulla riforma delle pensioni.