La possibilità di offrire consulenza senza partita IVA rappresenta un’opportunità significativa per coloro che desiderano mettere a frutto le proprie competenze in modo occasionale senza doversi impegnare nella complessità burocratica e nei costi associati all’apertura di una partita IVA.

Questo approccio è particolarmente utile per i professionisti che forniscono servizi in maniera sporadica e non intendono trasformare l’attività di consulenza in un lavoro continuativo e professionale. Svolgere consulenza senza partita IVA permette di evitare la gestione di adempimenti fiscali e contabili complessi, semplificando notevolmente il processo amministrativo.

Inoltre, è un’ottima soluzione per testare il mercato e le proprie capacità, permettendo ai consulenti di valutare la domanda per i loro servizi senza un impegno finanziario e burocratico elevato.

Detta modalità operativa è regolamentata da limiti economici specifici, garantendo così che l’attività resti realmente occasionale. In questo modo, i consulenti possono fornire valore aggiunto ai propri clienti con flessibilità e senza il peso di una struttura aziendale complessa. Questo si traduce in una maggiore libertà operativa e nella possibilità di dedicarsi ad altre attività o progetti principali, mantenendo la consulenza come una fonte di reddito aggiuntiva.

La consulenza senza partita IVA: requisiti

Si pensi ad esempio ad un esperto informatico lavoratore dipendente che sporadicamente fa delle consulenze informatiche a privati o altre aziende diverse da quella per cui lavora. Questi, se rientra entra i requisiti per la prestazione occasionale non deve aprire partita IVA per l’attività consulenziale.

In primis, per poter operare senza aprire partita IVA, l’attività di consulenza deve essere episodica e non organizzata in modo professionale. Questo implica che non si può svolgere il lavoro in maniera continuativa né sistematica, e non bisogna utilizzare mezzi o strutture tipiche di un’attività imprenditoriale.

Esistono precisi limiti economici da rispettare, ossia 5.000 euro per ciascun prestatore o utilizzatore rispetto alla totalità degli utilizzatori ovvero 2.500 euro per le prestazioni complessivamente rese dallo stesso prestatore per un singolo utilizzatore.

Superando il limite di 5.000 euro scatta l’obbligo contributivo alla gestione separata INPS.

Implicazioni fiscali: l’emissione della ricevuta con ritenuta

Per le prestazioni di consulenza effettuate senza partita IVA, è necessario emettere una ricevuta. Questa non comporta l’addebito dell’IVA e deve contenere:

  • i dati anagrafici di consulente e committente;
  • la data di emissione e il numero progressivo della ricevuta;
  • il corrispettivo lordo concordato per la consulenza;
  • l’eventuale ritenuta d’acconto del 20% del compenso lordo, applicabile se il committente è un sostituto d’imposta;
  • l’importo netto pagato.

Consulenza senza partita IVA: il reddito si dichiara

La ritenuta d’acconto deve essere esposta laddove il cliente sia un sostituto d’imposta, ossia imprese e professionisti non aderenti al regime forfettario delle partite IVA; società di persone e di capitali; associazioni, enti di ogni tipo e condomini. Quindi, se la ricevuta fiscale è emessa verso un privato non bisogna mettere la ritenuta.

La ritenuta d’acconto va poi recuperata in sede di dichiarazione redditi. Il consulente senza partita IVA, infatti, deve dichiarare comunque i redditi presentando regolare dichiarazione. Se è lavoratore dipendente e allo stesso tempo consulente senza partita IVA, può fare il 730 e indicare al quadro D i redditi di lavoro occasionale. Se non può fare 730 presenta il Modello Redditi e dichiara le consulenze occasionali al quadro RL.

In conclusione, fare consulenza senza partita IVA rappresenta una valida opzione per chi desidera offrire servizi in modo occasionale. Tuttavia, è essenziale seguire le normative vigenti, rispettare i limiti economici e le modalità operative stabilite dalla legge. In caso di dubbi o situazioni complesse, è consigliabile consultare un esperto fiscale per garantire la piena conformità alle disposizioni legali e fiscali.

Riassumendo…

  • la consulenza senza partita IVA è permessa se l’attività è occasionale e non professionale
  • limiti economici: 5.000 euro per prestatore e 2.500 euro per singolo committente
  • emissione ricevuta senza IVA per documentare le prestazioni
  • obbligo di pagare le tasse anche senza partita IVA
  • necessità di iscrizione all’INPS se superati 5.000 euro di ricavi
  • modalità operativa semplice e flessibile per attività non continuative.