Le pensioni italiane non sono sostenibili nel tempo se non a caro prezzo. Un prezzo che pagano figli e nipoti, già da tempo con la permanenza al lavoro fino a 67 anni. Impensabile fino alla fine del secolo scorso.

Il problema sostanzialmente è che col passare del tempo aumenta il divario fra giovani e vecchi. L’Italia è un Paese destinato ad invecchiare sempre più rapidamente, come conferma l’Istat e le proiezioni per il futuro sono drammatiche.

Aumentano i pensionati, diminuiscono i lavoratori

Come dice Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, in Italia ci sono 23 milioni di lavoratori che sostengono 16 milioni di pensionati su una popolazione di 60 milioni.

Numeri che la dicono tutta sulla precarietà del sistema previdenziale italiano e sulla tenuta dei conti Inps nel lungo periodo.

“Troppo pochi per avere una certezza di lunghissimo periodo che le cose possano andare bene – dice Tridico -. Tre milioni e mezzo di irregolari, un tasso di inattività molto alto concentrato al Sud e tra le donne rappresentano delle mine”.

Logico quindi presupporre che continuando a pagare pensioni calcolate sulla base di contributi non realmente versati (sistema retributivo), alla lunga si rischia di implodere. Serve quindi, da un lato correggere il sistema di calcolo delle rendite per chi sceglie la pensione anticipata e, dall’altro, aumentare il livello dei salari.

Sempre meno giovani lavoratori

L’altro aspetto che mina la tenuta del sistema pensioni è la disoccupazione giovanile. Recentemente l’Istat ha fatto sapere che il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 23,7% con punte drammatiche al Sud.

Come pensare di riuscire a sostenere le rendite degli anziani se alla base non c’è chi lavora e versa contributi? Il sistema è destinato a fallire nel tempo, soprattutto se si continua a mandare i lavoratori in pensione in anticipo.

Si riduce il rapporto tra numero di pensionati Ivs e occupati, che misura il carico dei pensionati sopportato da quanti partecipano attivamente al mercato del lavoro.

Oggi ci sono 606 pensionati da lavoro – con rendita diretta o indiretta – ogni 1.000 persone occupate, mentre erano 683 nel 2000.

Dal punto di vista statistico, gran parte della spesa (265 miliardi, il 91% del totale) è destinata alle pensioni Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti), legate a un pregresso contributivo proprio o di un familiare, a cui si aggiungono 4,2 miliardi erogati a copertura di 716.000 rendite dirette e indirette erogate per infortuni sul lavoro e malattie professionali. Le rendite assistenziali (invalidità civile, pensione sociale e di guerra) sono circa 4,4 milioni e impegnano 23,8 miliardi.