Nuovi tagli in arrivo alle pensioni per il 2025. Il peso della spesa previdenziale sul bilancio dello Stato non lascia dubbi sul fatto che il governo spingerà per altre limature alle uscite e agli importi degli assegni. Anche perché Bruxelles ha già avviato l’iter per una procedura di infrazione sul bilancio e serviranno aggiustamenti significativi per rimanere nei parametri finanziari comunitari.

Nel mirino ci sono sempre le pensioni anticipate, ormai invise non solo alla Ue, ma anche all’Ocse e al Fmi.

Se ne è abusato troppo nell’ultimo decennio per aggirare le regole Fornero e ora i nodi sono venuti al pettine. Come evidenziato dal bilancio Inps 2023 (-9,23 miliardi di euro) e dalle previsioni di crescita della spesa previdenziale da qui ai prossimi dieci anni (17,2% del Pil). Quindi, si taglierà ancora, laddove possibile.

Tagli in arrivo alle pensioni 2025

Ma come saranno questi tagli? Posto che la Lega spinge per Quota 41 per tutti al posto di Quota 103 in via di esaurimento a fine anno, la tagliola potrebbe proprio arrivare dalla novità. La politica, in questo senso, venderà la riforma come buona e innovativa, ma di fatto rappresenterà una ulteriore strozzatura per le pensioni anticipate. Come?

Ebbene, concedere la pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica rappresenterebbe un azzardo che manderebbe ulteriormente fuori giri il bilancio dell’Inps. In base alle stime viste e riviste, costerebbe quasi 10 miliardi di euro solo per i primi tre anni dall’attuazione. Ragion per cui servirà porre un limite.

Ecco, quindi, che si parla di liquidazione dell’assegno con il sistema di calcolo puramente contributivo. Anche per gli anni di lavoro prestati nel sistema retributivo, quelli prima del 1995 e che costano molto di più in termini di spesa per lo Stato. Questa opzione comporterebbe la riduzione della spesa da 10 a 4,2 miliardi nei primi tre anni, ma tornerebbe a salire dal 2027 in poi.

Per un lavoratore ciò consisterebbe in un taglio fino a circa il 20% della pensione rispetto al sistema di calcolo misto.

Quota 41 con tetto massimo a 1.500 euro

Per far quadrare i conti i tecnici dell’Inps avrebbero studiato una soluzione simile a quella adottata per Quota 103. Cioè un tetto massimo alla pensione fino al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (oggi a 67 anni). Per Quota 103, come noto, il lavoratore deve mettere in conto il pagamento di un assegno pari a 4 volte il trattamento minimo Inps (2.459 euro al mese). Per Quota 41 questa sogli potrebbe abbassarsi di molto.

Sia perché molti lavoratori potrebbero godere della pensione anticipata con 41 anni di contributi anche prima dei 62 anni previsti oggi per Quota 103. Sia perché numericamente il bacino di utenza sarebbe molto più ampio non dovendo rispettare alcun requisito anagrafico. Stando ai numeri, quindi, per contenere la spesa occorrerà scendere a circa 2-2,5 volte l’importo del trattamento minimo.

La soglia potrebbe quindi essere individuata in 1.500 euro al mese fino al raggiungimento del requisito anagrafico per la vecchiaia. In questo modo la spesa pensionistica con Quota 41 sarebbe contenuta, ma al contempo i lavoratori con pensioni più alte perderebbero una buona fetta dell’assegno per un periodo variabile.

Le varie simulazioni dei tecnici, non lasciano molti margini di manovra. O si fa così o Quota 41 non potrà vedere mai la luce. Già oggi con Quota 103 (e 41 anni di contributi) si va in pensione con il calcolo contributivo puro e con limite di assegno a 2.459 euro. Una riforma in tal senso non può che essere peggiorativa per i lavoratori.

Riassumendo…

  • In arrivo altri tagli alle pensioni dal prossimo anno con la fine di Quota 103.
  • Quota 41 per tutti non sarebbe un successo per i lavoratori.
  • Nuove uscite anticipate solo col contributivo puro e tetto massimo alla pensione