Cambiano i governi ma non cambia la musica. I precedenti esecutivi, da ultimo anche quello dell’uscente Mario Draghi, avevano ripromesso agli investitori di rivedere la tassazione delle rendite finanziarie. In particolare la possibilità di dedurre le perdite. Cosa che, in base al sistema vigente risulta essere molto limitata a poche eccezioni.

Ciò è dovuto alla non possibilità di interazione tra redditi di capitale e redditi diversi.

Ora vedremo cosa farà il nuovo governo chi si appresta ad insediarsi dopo il voto del 25 settembre 2022.

A capo ci sarà Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) con la maggioranza nelle mani del Centrodestra.

Redditi di capitale e redditi diversi

In primis ricordiamo che le rendite finanziarie sono riconducibili a due tipologie di redditi, ossia quelli di capitale e quello diversi.

I redditi di capitale sono quelli che derivano dall’impiego di capitale, quali i dividendi, gli interessi e altri proventi analoghi.

Sono redditi diversi, invece, i guadagni legati ad eventi incerti, come, ad esempio, la vendita di azioni e altri strumenti finanziari da cui si può ottenere un guadagno o una perdita ovvero le plusvalenze derivanti da differenze positive tra prezzo di vendita e costo d’acquisto dei vari prodotti.

Le tassazione delle rendite finanziarie prevede un regime diverso a seconda che si tratti di proventi italiani e provenienti da Paesi c.d. white list oppure da Paesi c.d. black list.

Ad esempio, i proventi italiani o da Paesi white list sono tassati co un’imposta sostitutiva del 26%.

Tassazione rendite finanziarie, il limite di deduzione delle perdite

La regola attuale di tassazione delle rendite finanziarie prevede che NON sono possibili compensazioni tra le citate due tipologie di reddito.

Esempio

Scatta il pagamento della ritenuta del 26% su un dividendo incassato di 100 (reddito di capitale), anche nel caso in cui dalla cessione delle azioni stesse (reddito diverso) dovesse scaturire una perdita.

In altre parole i 200 euro di perdita non annullano il guadagno di 100 euro, il quale sarà, dunque, tassato.

C’è quindi divieto di compensazione tra guadagni e perdite provenienti da diversi prodotti finanziari posseduti dallo stesso investitore. Sono, invece, poche le eccezioni in cui è ammesso compensare le perdite pregresse. Inoltre, in questi casi c’è comunque il limite dei 4 anni. Questo significa che nel 2022 si possono compensare le perdite pregresse del 2018.

Chissà se ora il nuovo governo penserà di intervenire ed ascoltare la voce dei numerosi investitori, i quali chiedono la possibilità di una compensazione sistematica tra plusvalenze e minusvalenze provenienti da differenti prodotti finanziari che si hanno in portafoglio.