In pensione a 60 anni. E’ il sogno di molti lavoratori che giunti a una certa età vorrebbero dedicarsi ad altro nella vita. Ma è anche il desiderio di molte aziende alle prese con esuberi di personale e ricambi di forza lavoro.

Come per il recente caso di Tim. La compagnia telefonica nazionale ha raggiunto un accordo per mandare in pensione anticipata circa 2.000 dipendenti su base volontaria. Lo strumento adottato è quello dell’isopensione, una scappatoia che consente l’uscita dal lavoro fino a 7 anni prima.

Tim, scatta l’isopensione per 2.000 lavoratori

Come noto, il decreto Milleproroghe ha prorogato fino a fine 2026 l’istituto dell’isopensione. Cioè quell’incentivo all’esodo a carico del datore di lavoro che permette di raggiungere il requisito della pensione ordinaria con una indennità mensile pagata.

Ma come funziona lo scivolo? In pratica, in presenza di specifico accordo sindacale, le aziende che occupano almeno 15 dipendenti possono concedere un incentivo all’esodo fino alla maturazione dei requisiti per la pensione ordinaria a 67 anni.

Questo incentivo, detto isopensione, è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2012 e poi prorogato diverse volte. Consente ai lavoratori, individuati da specifici accordi sindacali e aziendali, di lasciare il lavoro in anticipo. A specificarlo è la circolare Inps numero 227 del 20 gennaio 2021.

Sino ad un massimo di 7 anni rispetto ai requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi di contributi le donne; 42 anni e 10 mesi di contributi gli uomini) oppure per la pensione di vecchiaia (67 anni e 20 anni di contributi) con oneri interamente a carico dell’azienda.

Come funziona l’incentivo alla pensione anticipata

Secondo i meccanismi previsti per l’isopensione, il personale in esubero di Tim potrà lasciare anticipatamente il lavoro da quest’anno fino a 7 anni prima. L’accordo sindacale raggiunto coi vertici dell’azienda prevede che questo strumento potrà essere utilizzato fino a un massimo di 6 anni per gli uomini e 7 anni per le donne.

L’isopensione, a differenza del contratto di espansione, anch’esso applicato in passato da Tim, consente l’anticipo dell’età pensionabile fino a un massimo di 7 anni. Unica condizione è che il datore di lavoro riconosca al lavoratore esodante un assegno pari all’importo della pensione che maturerà al raggiungimento dei requisiti ordinari.

Tim, nel frattempo, sarà obbligata a versare i relativi contributi all’Inps in considerazione del periodo mancante fino alla data di pensionamento del lavoratore. Solo al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia, l’assegno sarà ricalcolato in ragione dell’ulteriore contribuzione versata da Tim nel corso dell’isopensione.

Per effetto di tale sgravio che ricade sulla quota di contributi a carico dei lavoratori, la retribuzione netta disponibile, fermo restando l’imponibile previdenziale, subirà un leggero.