Andare in pensione a 63 anni comporta accettare alcune limitazioni, ma offre anche diversi vantaggi. La nostra analisi di oggi sulle pensioni anticipate parte da questo: tre sacrifici da affrontare per andare in pensione a 63 anni, ma anche tre benefici per chi riesce a uscire dal lavoro intorno a questa età. I dubbi e le perplessità di chi ha requisiti e caratteristiche utili alla pensione anticipata sono leciti. Vedremo ora quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questi pensionamenti.

La misura dell’Ape sociale

La misura che permette di andare in pensione a 63 anni, anche se l’età esatta è 63 anni e 5 mesi, si chiama Ape sociale.

Questa misura, introdotta nel 2017, continua ad essere tra le più gettonate quando si parla di tentativi di andare in pensione prima. I vantaggi per chi riesce a rientrare nella misura sono diversi, ma ci sono anche degli svantaggi. Iniziamo col capire come funziona la prestazione.

L’Ape sociale si prende a partire dai 63 anni e 5 mesi di età e dai 30 anni di contributi (anche se per alcune categorie servono 36 anni di versamenti). La misura riguarda solo quattro particolari categorie di soggetti, ciascuna con requisiti differenti: caregivers, invalidi, disoccupati e addetti ai lavori gravosi.

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Con l’Ape sociale possono andare in pensione i caregivers che assistono un familiare disabile grave da almeno 6 mesi a partire dalla data di presentazione della domanda. Tra caregiver e disabile ci deve essere convivenza, anche in interni diversi purché nello stabile con lo stesso numero civico.

Il disabile deve avere almeno il 74% di invalidità civile assegnata da una Commissione Medica Invalidi Civili ASL. Il disoccupato, invece, deve aver perso il lavoro per motivi indipendenti dalla propria volontà e deve aver terminato di percepire tutta la Naspi spettante.

La Naspi, l’indennità per disoccupati INPS, si prende solo se la perdita del lavoro proviene da licenziamento individuale, collettivo, scadenza di un contratto di lavoro precario, dimissioni per giusta causa e per qualsiasi altro motivo non collegato alla volontà del lavoratore. Gli addetti ai lavori gravosi devono aver svolto una delle 15 attività gravose previste, per non meno di 6 degli ultimi 7 anni o per non meno di 7 degli ultimi 10 anni.

Tre sacrifici per andare in pensione a 63 anni ma anche tre vantaggi

Per chi svolge un lavoro gravoso servono almeno 36 anni di contributi. Per chi rientra tra invalidi, disoccupati o caregivers ne bastano 30. L’Ape sociale ha dei vantaggi. Il primo è che con una carriera di 30 anni di contributi, a un’età così bassa (63,5 anni), non ci sono altre misure che permettono uscite così anticipate.

Le pensioni anticipate ordinarie fissano la soglia a 42 anni e 10 mesi di contributi. Per i precoci servono 41 anni di versamenti, e perfino per opzione donna serve arrivare almeno a 35 anni di contribuzione previdenziale. Quindi, l’Ape sociale offre un vantaggio anagrafico e contributivo, e anche di calcolo, perché la pensione è liquidata con il metodo misto, non solo con il metodo contributivo come previsto oggi dalla quota 103 o da sempre da opzione donna.

Infatti, il calcolo della prestazione è retributivo fino al 31 dicembre 1995 per chi ha meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, oppure fino al 31 dicembre 2011 per chi ha più di 18 anni di iscrizione prima del 1996. In questi tempi, godere di un calcolo vantaggioso per tutti gli anni di anticipo è un grande beneficio.

Come più volte scritto parlando di riforma delle pensioni, le nuove misure rischiano di nascere tutte contributive. Con l’addio alla quota retributiva, i pensionati che si salvano da tagli di assegno diventeranno una rarità.

La pensione anticipata a 63 anni: tra tagli e vantaggi

Se i vantaggi di uscire dal lavoro con l’Ape sociale sono evidenti, non si possono ignorare gli svantaggi.

Anche se con sistema misto, la pensione dell’Ape sociale non può superare i 1.500 euro lordi al mese. Questo significa che, anche se un lavoratore ha diritto a una pensione più alta, deve accettare un trattamento ridotto fino al compimento dei 67 anni. Fortunatamente, questo è temporaneo, come temporanea è l’Ape sociale. A 67 anni, i titolari di questa pensione devono presentare domanda di pensione di vecchiaia, poiché l’Ape sociale decade a 67 anni.

Un altro sacrificio per l’Ape sociale è che, fino ai 67 anni, la prestazione non è reversibile. Se il titolare muore prematuramente durante il periodo di fruizione del beneficio, i superstiti non hanno diritto alla pensione di reversibilità. Va detto però che esiste la pensione indiretta, una prestazione liquidata ai superstiti degli assicurati non ancora in pensione. Gli interessati possono quindi optare per questa seconda via per ottenere un trattamento del defunto.

Infine, tra i sacrifici per chi va in pensione con l’Ape sociale ci sono i tagli del trattamento. I limiti della prestazione sono evidenti dal punto di vista dei trattamenti aggiuntivi. Per tutti gli anni di anticipo, la pensione viene liquidata senza tredicesima, senza assegni familiari e senza maggiorazioni. L’importo percepito a 63 anni e 5 mesi rimane lo stesso per gli anni successivi, poiché la prestazione non viene indicizzata al tasso di inflazione per gli anni a venire.