Non c’è ancora alcunché di formale sulla “flat tax” al 15% su cui Matteo Salvini punta per offrire risposte all’ampia base elettorale, che ha votato per la sua Lega alle europee di maggio, doppiando i consensi ottenuti solamente 14 mesi prima alle europee. Secondo un piano del vice-ministro all’Economia, Massimo Garavaglia, l’aliquota piatta del 15% verrebbe fissata per redditi “familiari” fino a 55.000 euro lordi all’anno. Superata tale soglia, Salvini vorrebbe che la seconda e ultima aliquota fosse del 20%, ma il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sarebbe stato chiaro: “no”.
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Dalle prime indiscrezioni trapelerebbe l’intenzione, quindi, della Lega di far valere il reddito familiare e non individuale ai fini del calcolo, sebbene la flat tax potrebbe essere usufruita anche dai single, ma per redditi fino ai 28.000 euro, almeno stando a quanto riportato dai quotidiani in questi giorni. Per abbassare il costo, il bonus degli 80 euro verrebbe trasformato da detrazione ad abbassamento strutturale del carico fiscale. Contabilmente, passerebbe dall’essere una voce di spesa a una minore entrata, mentre i beneficiari, rassicura la Lega, nemmeno percepirebbero la differenza.
L’aliquota del 15% verrebbe finanziata per il resto da 3-4 miliardi di tagli alla spesa e dalla riduzione delle detrazioni, deduzioni e sconti fiscali, questi ultimi perlomeno sopra un certo reddito. Il piano di Salvini prevederebbe una “no tax area” di 8.000-10.000 euro. Supponiamo che per ragioni di bilancio, essa rimanga la stessa di oggi, cioè di 8.000 euro come detrazioni da lavoro dipendente. I contribuenti pagherebbero il 15% sopra tale livello di reddito. Ad oggi, l’aliquota media effettiva versata risulta superiore al 15% a partire dalla fascia di reddito di 20.000-26.000 euro (15,2%).
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Dunque, i contribuenti italiani che percepirebbero qualche beneficio reale in busta paga con la flat tax sarebbero quelli che dichiareranno cifre superiori ai 28.000 euro, con l’apice raggiunto per i nuclei familiari che riportino dichiarazioni tra i 50.000 e i 55.000 euro, per i quali redditi risparmierebbero la media del 10%, cioè di non meno di 5.000 euro all’anno, sopra i 400 al mese. Attenzione, però, perché questi calcoli includono le attuali detrazioni e deduzioni fiscali, che come detto verrebbero almeno in parte abbattute per finanziare il taglio delle aliquote Irpef. Ecco, quindi, che il beneficio netto diverrebbe minore e le fasce di reddito più alte, se da un lato risulterebbero le più avvantaggiate per via della minore aliquota, dall’altro sarebbero anche le più colpite dal taglio delle “tax expenditures”.
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Supponiamo, quindi, di essere un contribuente marginale, ossia titolare di un reddito individuale di 26.000 euro e limite massimo aldilà del quale scatterebbe l’aliquota del 38%, non avente diritto ad alcuna detrazione d’imposta, se non alla “no tax area” da 8.000 euro per la detrazione da lavoro dipendente. Oggi, pagheremmo un’aliquota Irpef media del 18,3%, pari a 5.120 euro. Con la flat tax, l’esborso scenderebbe a 3.000 euro, ma se la “no tax area” venisse azzerata, almeno al di sopra di un certo livello di reddito, l’imposta versata sarebbe di 4.200 euro, pur sempre di 920 euro inferiore ad oggi.
E con un reddito lordo di 24.000 euro? Senza diritto ad alcuna detrazione, oggi paghiamo 4.040 euro, con la flat tax solo 2.400 euro, 3.600 con l’azzeramento della “no tax area”.