Si fa incandescente il dibattito sulla riforma pensioni alla vigilia della presentazione del Def. Da una parte il governo dice che non ci sono soldi per anticipare le uscite, dall’altra vuole stanziare 10 miliardi in più all’anno per le spese militari.
Con la scusa della guerra in Ucraina, il premier Draghi punta ad incrementare fino al 2% del Pil la spesa per bombe e fucili. Tradotto, significherebbe portare a quello scostamento di bilancio che è impedito per mandare in pensione i lavoratori prima dei 67 anni.
Soldi per le armi sì, per le pensioni no
Governo e sindacati si sono confrontati fino a metà febbraio, ma poi più nulla. La riforma pensioni è passata in secondo piano dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Eppure, sul fronte interno, nulla è cambiato.
Anzi, il rincaro delle materie prima, l’esplosione dell’inflazione e le bollette energetiche impongono all’Italia di indirizzare l’attenzione più agli aspetti sociali che a quelli militari. Ma i media abilmente hanno disorientato le parti.
Così, alla vigilia della presentazione del Documento di Economia e Finanza (Def), l’architrave su cui si reggerà la legge di bilancio 2023, non vi è ancora nessuna indicazione della riforma pensioni del prossimo anno.
Draghi alle corde sulle spese militari
Ad opporsi alla follia di voler destinare miliardi di euro all’incremento delle spese militari è solo il Movimento 5 Stelle. L’ex premier Giuseppe Conte ha infatti ribadito che “in questo momento il Paese ha altre priorità” che non possono essere ignorate.
Il rischio è che, in assenza di una vera e propria riforma pensioni, si torni alle regole Fornero per tutti. Come anche è stato già annusato da più parti con la fine di quota 100 e la proroga temporanea di Opzione Donna.
Quindi, tutti in pensione a 67 anni perché non ci sono i soldi. Questo è il messaggio che arriva ai lavoratori da un governo che ha dimostrato oggi di voler spostare la spesa dal Welfare alla produzione agli armamenti.