Si dice che i giovani snobbino i fondi pensione, tanto quanto fanno verso i sindacati che li promuovono. Si dice che i neoassunti non conoscano bene il meccanismo della previdenza complementare, che c’è ignoranza di fondo e poca cultura della previdenza. Ma non è così.
Non è affatto vero, sono tutte balle messe su dai media per giustificare una tendenza in atto che non è quella che vuole la macchina mangiasoldi della finanza moderna. I giovani lavoratori sono più acculturati e informati dei loro padri.
Troppi rischio allontanano i giovani dai fondi pensione
E come dargli torto? Dopo tutte le turbolenze a cui stiamo assistendo sui mercati finanziari e le perdite record dei fondi pensione nel 2022 con prospettive di magri rendimenti per gli assicurati, con quale coraggio le istituzioni possono ancora proporre di affidare il Tfr dei lavoratori a questi sciacalli della finanza?
Dal crac dei fondi pensioni inglesi di fine 2022 (salvati solo dalla Banca d’Inghilterra) alle turbolenze di quest’anno sui mercati causato dal ritorno dirompente dell’inflazione, sono molte, anzi, troppe, le incertezze che dominano sul settore della previdenza integrativa. Costruita in laboratorio da banche a assicurazioni con l’apporto dei governi e sulla scorta delle maldicenze sul futuro pensionistico.
I vantaggi fiscali, d’altra parte, non sembrano più bastare per attrarre nuovi assicurati alla previdenza complementare. E nemmeno i timori quotidianamente strombazzati dai media sul futuro pensionistico italiano riescono a spingere i giovani verso queste forme di pensioni integrative. Così è arrivato il silenzio assenso per “fregare” più lavoratori possibili verso i fondi negoziali rendendo meno libera la scelta di destinazione del proprio Tfr.
Sempre meno giovani iscritti alla previdenza complementare
Questo triste quadro si evince dai dati elaborati dall’Autorità di Vigilanza alla fine del 2021.
Non solo. Dal 2017 al 2021 le adesioni ai fondi pensione fra i giovani lavoratori fino a 35 anni di età hanno registrato una crescita quasi insignificante (+0,4%). Mentre si assistite a un progressivo incremento delle adesioni dei lavoratori appartenenti alle classi di età centrali (+6%).
Per questa ragione l’età media degli iscritti alla previdenza complementare negli ultimi 5 anni è aumentata da 45,9 a 47 anni. I giovani, invece, sembrano non essere interessati o meno coinvolti e forse anche meno preoccupati del loro futuro.
I fondi pensione non attirano i giovani lavoratori
Vero che le fasce d’età più giovani partecipano in misura minore al mercato del lavoro. Ma è altrettanto vero che non vi è tutta questa preoccupazione verso il futuro che invece ripongono i lavoratori 50enni.
Per questi ultimi il declino delle pensioni è più percepibile avendo conosciuto il sistema di calcolo retributivo della rendita che sta gradualmente scomparendo. Sapere che le loro pensioni saranno inferiori col passare degli anni è diverso che non saperlo affatto. Da qui la maggiore preoccupazione e l’esigenza di ricorrere a misure di integrazione.
In ogni caso, la fascia di età più giovane fa registrare una partecipazione al sistema dei fondi pensione inferiore del 21% rispetto a quella della fascia immediatamente più anziana. Percentuale che è molto elevata se la si raffronta con quella di altri Paesi Ue.
Le ragioni di una scelta
Ma il vero motivo per cui i giovani lavoratori italiani non sottoscrivono forme di previdenza integrativa ha radici occupazionali. Non essendovi, a differenza delle generazioni precedenti, sicurezza del posto di lavoro, cala la propensione a conferire il Tfr ai fondi pensione.
In Italia abbiamo uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d’Europa.
In questo senso, la minor disponibilità economica in giovane età gioca un ruolo fondamentale. Il reddito da lavoro, considerate le tasse e i contributi che si versano al sistema, è troppo basso per poter immaginare di destinarne anche solo una piccola parte di esso alle pensioni integrative. E questo al di là delle incertezze verso investimenti sempre più rischiosi di cui abbiamo parlato sopra.