I fondi pensione tornano a mostrare i muscoli con rendimenti superiori a quelli offerti dal Tfr. Grazie alla ripresa dei mercati azionari la raccolta a inizio 2024 è tornata sopra i 220 miliardi di euro dopo il crollo dell’autunno 2022 in conseguenza dell’esplosione dell’inflazione. Lo dice la Covip aggiungendo che tutte le forme di previdenza integrativa hanno fatto registrare in media risultati positivi.
Per i comparti azionari la crescita è stata addirittura del 10%, meno per quelli obbligazionari e bilanciati, meno ancora per quelli garantiti.
Fondi pensione: rendimenti di breve e lungo periodo
Ma se questo è il dato del breve periodo, su una lunghezza temporale decennale, quella presa solitamente a riferimento dagli esperti, il confronto è diverso. Certo, chi ha destinato i soldi del Tfr ai fondi pensione da gennaio 2023 a oggi ha ottenuto maggiori guadagni rispetto a chi non l’ha fatto. Ma chi ha investito nella previdenza complementare due anni fa, da gennaio 2022 a oggi, è in perdita, nonostante il rialzo dei mercati degli ultimi mesi.
Sulla lunghezza decennale, chi ha iniziato a destinare il Tfr nel 2012 o prima è riuscito a compensare il crollo del 2022. Mentre chi ha iniziato a versare in periodi più recenti ha perso soldi. Al contrario il Tfr nel 2022 ha reso l’8,3% regalando soddisfazioni a chi non è cascato nella trappola dei fondi pensione. Il timing è queindi una componente fondamentale per la previdenza integrativa e non potendo prevedere come vanno i mercati, solo in un arco temporale lunghissimo si possono ottenere dei benefici.
Più nel dettaglio, come riporta la Covip, i rendimenti dei fondi pensione negli ultimi 10 anni, a causa del crac del 2022, si sono compressi.
I rendimenti al netto di tasse e costi
In questo contesto, per incentivare i lavoratori a destinare il Tfr ai fondi pensione il governo promuove incentivi fiscali. Primo fra tutti la deducibilità ai fini delle imposte sull’Irpef che è pari a 5.164 euro all’anno. Anche i datori di lavoro, per parte loro, contribuendo ad alimentare le quote di Tfr dei lavoratori con un ulteriore contributo possono beneficiare di sconti fiscali.
Piccoli bonus, però, che se affiancati ai torbidi costi di gestione dei fondi pensione ne annullano gli effetti positivi. Chi più e chi meno (dipende dal tipo di fondo pensione) si trattiene periodicamente una piccola percentuale del denaro destinato all’investimento nella previdenza integrativa. In buona sostanza, i costi di gestione dei fondi pensione si mangiano il capitale nel tempo.
Anche il prelievo fiscale sulla pensione integrativa è vantaggioso, ma solo in parte. Attualmente le trattenute del fisco sulla rendita dei fondi pensione è del 15%, e scende fino al 9% solo in casi particolari. In base al comma quater dell’articolo 11 del Dlgs 252/2005:
ai fini della liquidazione della somma accumulata, si applica una tassazione agevolata del 15%, che subisce una riduzione di 0,30 punti per ogni anno superiore al 15° anno di iscrizione alla pensione integrativa, con una soglia massima di riduzione di 6 punti percentuali.
In pratica coloro che versano il Tfr ai fondi pensione per più di 15 anni potranno beneficiare di un’agevolazione fiscale maggiore. Mentre per quanto riguarda il riscatto si va da un mino del 15% a un massimo del 23%, più o meno in linea con le imposte che si pagano sul Tfr al momento della liquidazione.
Riassumendo…
- I fondi pensione tornano a crescere con la ripresa dei mercati.
- Rendimenti maggiori rispetto al Tfr solo per i comparti azionari che sono anche quelli più rischiosi.
- I vantaggi fiscali non compensano i rischi dei fondi pensione.