Fondi pensione obbligati a investire il 5% in Italia, la proposta di Davide Serra fa discutere

I fondi pensione dovrebbero essere costretti per legge ad investire una quota minima in Italia. La proposta arriva dal finanziere Davide Serra.
7 mesi fa
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Fondi pensione, la proposta di Davide Serra
Fondi pensione, la proposta di Davide Serra © Licenza Creative Commons

Erano 4 milioni i lavoratori italiani iscritti ai fondi pensione negoziali alla fine del 2023 e per un patrimonio investito complessivamente di 223 miliardi di euro. Numeri largamente insufficienti a garantire una terza età serena sul piano economico, specie con il preoccupante trend demografico che tanti squilibri sta provocando da tempo. Le risorse che gli iscritti versano ai fondi servono chiaramente ad offrire loro una rendita mensile quanto più alta possibile in futuro. Tuttavia, non è neutrale dove vadano a finire. Parliamo di centinaia di miliardi di euro a disposizione dei mercati per far affluire liquidità là dove qualcuno la necessita.

Attacco di Davide Serra ai fondi pensione

E sul tema si è espresso in questi giorni Davide Serra, fondatore di Algebris, finanziere molto noto e apprezzato negli ambienti italiani e internazionali. L’uomo è conosciuto per le sue posizioni favorevoli al mercato, ma nel corso di un’intervista rilasciata a Class-Cnbc ha voluto esprimere il suo forte disappunto nei confronti di fondi pensione e casse previdenziali. A suo avviso, non saprebbero investire. I board sono pieni di avvocati, ha spiegato, che non possono conoscere l’economia e i mercati come gli economisti.

Meno del 2% dei risparmi nazionali restano in Italia, ha notato. Bisogna costringere i fondi pensione ad investire per legge una quota minima delle risorse, così come avviene in paesi come Germania, Francia e Svezia. Ad esempio, si potrebbe imporre loro una quota minima del 5%. Un meccanismo già sperimentato con i Pir, i quali hanno subito un forte ridimensionamento a causa degli interventi legislativi in materia. Serra spiega che, attualmente, sarebbe come se producessimo munizioni per il nemico e gli chiedessimo di spararci.

Dilemma: mercato libero o fare come gli altri

Il finanziere rimarca che gli investimenti all’estero dei fondi pensione finiscono per creare altrove posti di lavoro. Al contempo, nota che l’indice Star di Piazza Affari ha segnato una crescita del 500% in venti anni.

Dunque, non sarebbe neanche vero che investire all’estero convenga di per sé. Il tema è delicato, perché riguarda le finanze delle famiglie. Sarebbe corretto per legge imporre vincoli agli investimenti?

Se crediamo nel mercato libero, la risposta è ovviamente negativa. Un investitore deve poter portare i propri capitali dove crede. Ne risponderà ai clienti. Se questi ritengono che i propri risparmi non siano stati investiti adeguatamente, ha la libertà di ritirarli per farli investire ad altri. I fondi pensione non dovrebbero rispondere a logiche geopolitiche. Ne conseguirebbe una distorta allocazione dei capitali, che è anche causa di inefficienze e di bassa crescita.

Globalizzazione in via di sgretolamento

Il problema posto da Serra, tuttavia, non si può liquidare così sbrigativamente come pensiamo. Se altrove esistono regole d’impronta “sovranista”, pur in versione minimal, sarebbe uno scandalo se le imitassimo? In pratica, alcuni dei nostri competitor costringono i loro fondi pensione a destinare almeno una quota minima in patria, mentre noi no. E c’è un’altra ragione per la quale la proposta appare tutt’altro che stramba. Stiamo assistendo allo sgretolamento della globalizzazione commerciale e finanziaria. Dopo Covid e guerre, merci e capitali non si stanno più muovendo liberamente come prima. E’ in corso un riassetto geopolitico e di natura anche economica, che comporta un rimpicciolimento dei mercati di produzione e di sbocco per beni e servizi. Gli stessi capitali non circolano da una parte all’altra del mondo con la stessa nonchalance di alcuni anni fa. Un occidentale ci pensa due volte prima di investire in Cina e viceversa.

Fondi pensione vanni attratti

Certo è che se gli italiani investono poco nel loro stesso Paese, evidentemente non si fidano di chi dovrebbe usare i loro denari. E forse manca sufficiente fiducia anche nelle autorità di controllo.

In effetti, molti casi di crac aziendali e bancari negli ultimi venti anni sono avvenuti sotto il naso di organismi come Consob e Banca d’Italia. Nessuno sembra pagare mai per quello che combina, indebolendo la fiducia nel sistema. Come un cane che si morde la coda, però, pochi risparmi investiti nell’economia domestica provocano alti costi di finanziamento, sotto-dimensionamento e capitalizzazione delle imprese e, in definitiva, bassa crescita. Il punto è che i fondi pensione andrebbero attratti per investire in Italia, anziché costretti per legge.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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