I fondi pensione accusano una pesante flessione nel primo semestre del 2022. Colpa del crollo dei mercati finanziari e delle tensioni internazionali derivanti dalla guerra in Ucraina. Le iscrizioni continuano però a salire.
Ci si domanda, però, se conviene veramente aderire alla previdenza complementare oppure no. La disinformazione e l’ignoranza di fondo in materia è alta, purtroppo, e non sempre sottoscrivere fondi pensione è la soluzione migliore per ottenere una previdenza integrativa.
Fondi pensione, il rendimento dei primi sei mesi è negativo
Secondo i dati Covip, i rendimenti dei fondi pensione nei primi sei mesi del 2022 sono risultati negativi.
Tuttavia, valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2012 a fine 2021, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 4,1 per cento per i fondi negoziali, al 4,6 per i fondi aperti, al 5 per i PIP di ramo III. Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,9 per cento annuo.
Se, però, ai dieci anni si aggiungono i sei mesi negativi del 2022, i rendimenti medi annui scendono al 3,1 per cento per i fondi negoziali, al 3,4 per i fondi aperti e al 3,7 per cento per i PIP di ramo III. La rivalutazione del TFR nello stesso periodo è del 2,2 per cento.
II rischio dei fondi e i costi di gestione
Il rendimento dei fondi pensione è da considerarsi tuttavia al lordo dei costi di gestione (che nessuno conosce bene). Si tratta spesso di costi occulti che i gestori si mangiano durante il periodo di adesione erodono parte dei guadagni e il capitale investito se i fondi perdono. Il rendimento è quindi indeterminato rispetto a quanto avviene per il TFR.
Nonostante i rendimenti degli ultimi 10 anni abbiano battuto il TFR, restano molti dubbi in fatto di trasparenza. I fondi pensione sono ancora più opachi dei fondi comuni d’investimento – dicono gli esperti – al punto che è difficile sapere quali titoli vengono comprati o venduti, quando e a che prezzo.
E poi ci sono i rischi. I fondi pensioni conducono a perdite anche dell’80%, se crollano i mercati finanziari. Lo dimostrano i dati storici. Prendendo il ventennio da fine 1962 a fine 1982 un fondo pensione avrebbe condotto a risultati disastrosi, anche se ben gestito e a costi bassissimi. Al contrario, il TFR avrebbe preservato i 4/5 della somma accantonata al netto dell’inflazione.