Margin Call, così sarà cominciata la mattina del Venerdì 26 Marzo per il fondo Archegos a Wall Street, quella stessa ulteriore richiesta di denaro a garanzia da parte delle banche continuava incessante da tutta la settimana per una serie di avvenimenti completamente scollegati.
A molti piccoli trader principianti sarà sicuramente capitato con conti di poche centinaia di euro di vedere la margin call e vedere chiuse poi le proprie posizioni alla distruzione del conto. Ora immaginate le stesse cose applicate su molti più soldi parliamo di svariate decine di miliardi di dollari, ancora da quantificare precisamente
Prendete l’elite delle banche di investimento mondiale, uno spregiudicato finanziere con problemi pregressi con la Sec e un “hedge fund” semisconosciuto fino a questa settimana ovviamente: il fondo Archegos.
Torniamo indietro di svariati anni per ripercorrere la storia di Bill Hwang, il fondatore del fondo Archegos, per cercare di capire come banche prestigiose si siano prese un rischio enorme, pur sapendo della carriera fatta di luci e ombre. Negli anni 90 a Wall Street era attivo Tiger Management, fondo di proprietà di Julian Robertson, uno dei finanzieri più potenti e stimati dell’epoca. E Hwang era proprio un suo “cucciolo di tigre”, così battezzato da tutti i media, come tutti i collaboratori di Robertson.
Hwang si staccherà a cavallo con gli anni 2000, rimanendo in ottimi rapporti con il mentore e creando “Tiger Asia”. Tutto andò a gonfie vele per buoni 10 anni, voci non confermate riportano lo zampino dello stesso Robertson. Nel 2012 cominciano i problemi con la Sec. Hwang viene accusato di insider trading e altri reati finanziari; si dichiara colpevole e paga la multa di 44 milioni di dollari per poi sparire dalla scena. Nel frattempo, trasforma Tiger Asia nel fondo Archegos e lo rende un family office, che per la giurisdizione americana ha molti meno obblighi di rendicontazione.
Ora torniamo ai giorni nostri. Secondo le prime ricostruzioni, Bill Hwang e il suo fondo detenevano posizioni per un controvalore di circa 40 miliardi di dollari, tutte posizioni in derivati. Il fondo, infatti, non acquistava direttamente azioni ma stipulava con banche d’investimento dei cosiddetti “total return swap”. Sostanzialmente, con questi contratti le banche, a fronte di un margine di denaro da parte del cliente, acquistano pacchetti di azioni e le tengono nei loro portafogli, condividendo con il cliente profitti e perdite, a fronte di laute commissioni ovviamente.
Con questa mossa, Hwang non è mai figurato come investitore e per questo, fino a quando il vaso di pandora non è stato scoperchiato, non si sapeva chi ci fosse dietro al forte sell-off di azioni da parte di grosse banche. Tra le banche che hanno fatto affari con Hwang riportando perdite si citano Goldman Sachs e Morgan Stanley, che sembra siano riuscite meglio di tutti a contenere le perdite. UBS, Deutsche Bank e, infine, Credit Suisse e Nomura sembrano le più colpite; complessivamente si parla di più di 10 miliardi di dollari di perdita.
Ovviamente, le banche all’inizio avevano guadagnato molto bene, anche perché spesso basta il loro movimento per guidare rialzi consistenti. Se gli operatori di mercato si rendono conto che un gruppo di importanti banche sta comprando grossi pacchetti azionari, cominceranno a comprare, di conseguenza alimentando il movimento e i guadagni delle banche.
Nelle ultime settimane, qualcosa però è andato storto per cause del tutto sconnesse tra loro o almeno apparentemente. Le aziende su cui era fortemente investito a leva il fondo, tra cui Viacom CBS, Baidu, Gsx cominciano a perdere velocemente terreno e le banche si trovano a dover chiedere a Hwang ulteriore margine di garanzia, la cosiddetta margin call.
Solo nella giornata di venerdì sembra siano state scaricate posizioni per un controvalore superiore ai 20 miliardi. Ora, analizzata la situazione, non ci resta che capire come e perché le banche si siano fidate di una persona come Bill Hwang. Il tutto è da andare a ricercare nei bassi margini di profittabilità che hanno attualmente le banche con i tassi di interesse molto bassi, le commissioni da trading sono sempre più basse per la concorrenza con le nuove piattaforme e i fiumi di liquidità che non si sa dove investire hanno portato le banche a rischiare tanto, in cambio di lauti compensi e grosse possibilità di guadagno.
Alessandro Moretti e Danilo Zanni, Io Investo