Chi pensava che l’Italia avesse l’esclusiva del machiavellismo, si sbagliava. A Parigi non hanno nulla da invidiare a Roma quando si tratta di tensioni politiche, camaleontismi ed esiti a dir poco sorprendenti come la nomina a premier di Michel Barnier, già commissario europeo per quindici anni e capo negoziatore per conto di Bruxelles sulla Brexit. Esattamente tre mesi fa il presidente Emmanuel Macron apriva la crisi politica con lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale dopo la batosta accusata dal suo partito alle elezioni europee.
Vittoria di Pirro a sinistra
In più di duecento circoscrizioni gli accordi furono sottoscritti nel giro di poche ore con il ritiro del candidato più debole dell’una o l’altra coalizione. L’esperimento è riuscito a tal punto da negare a Le Pen la vittoria, arrivata terza. A sorpresa è stata proprio la gauche a vincere, ma lontanissima dalla maggioranza assoluta dei seggi. Tuttavia, mentre uno dei suoi leader più influenti, Jean-Luc Mélenchon, reclamava la guida del governo, la coalizione nata in quattro e quattr’otto prima del voto si scioglieva come neve al sole. Complici i Giochi Olimpici, Macron si prendeva tutto il tempo necessario per rosolare a fuoco lento i presunti vincitori.
Cosa ottiene Le Pen da Barnier
E arriviamo alla settimana scorsa, quando finalmente svela il nome del successore di Gabriel Attal. Si tratta di quel Barnier, considerato troppo a destra per essere digerito dalla sinistra. Contrariamente alle aspettative, Le Pen non chiude al nuovo governo. Non gli voterà la fiducia, ma si asterrà benevolmente, annunciando che deciderà senza pregiudizi in base alle misure varate dal nuovo premier.
In sostanza, Le Pen ha ottenuto che non si gridi più “al lupo, al lupo” contro il suo partito, il quale da Barnier non sarebbe trattato da reietto. Vedremo se l’accordo sottobanco reggerà. Il punto è che la destra, considerata impresentabile fino a due mesi fa, adesso tiene indirettamente le redini del governo. E la sinistra, che si accordava con il “nemico” per impedirle la vittoria, si ritrova ancora una volta spaesata, senza un’identità chiara, all’opposizione e, diciamocelo senza fronzoli, fregata alla grande dal cinismo di Macron.
Primo governo “tecnico” francese
Il presidente non ha più nulla da perdere. Questo non hanno capito presunti astri nascenti della gauche come Raphael Glucksmann, i quali speravano di ritrovarsi al governo senza un reale consenso nel paese e muovendosi ambiguamente. La Francia ha un suo primo governo “tecnico”, se così possiamo affermare, ma la differenza con l’Italia è che qui è nato a spese della sinistra. Uno scossone che non rimarrà probabilmente senza conseguenze a Bruxelles, dove la rieletta presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, punta da tempo ad aprire alla destra per non restare ostaggio di una sinistra al collasso nei consensi quasi dappertutto.
Macron non vorrà affatto rendere facile la vita ai lepenisti, ma dovrà fare attenzione a non irritarli eccessivamente, altrimenti il suo nuovo governo navigherebbe per almeno un anno a vista, in assenza di una maggioranza parlamentare. Le Pen potrà rifarsi l’immagine di leader affidabile senza sporcarsi le mani.
Barnier fregatura per la sinistra
E la sinistra? Sarà costretta a fare opposizione a un governo Barnier percepito di destra, ma al prossimo giro non potrà più recitare il ruolo dell’immacolata senza macchia, essendosi alleata nei seggi con i centristi.