Gelati sempre più piccoli, confezioni meno pesanti, bottiglie di bevande o detersivi riempite sempre meno. Aiuto, mi si è rimpicciolito lo snack! Ne abbiamo parlato tanto nell’ultimo periodo e le polemiche frequenti sul fenomeno ci inducono a pensare che non sarà l’ultimo articolo su questo tema. Se avete sentito parlare di “shrinkflation”, avrete forse già capito di cosa ci stiamo occupando. E’ una tecnica di marketing molto diffusa tra i grandi produttori, che consiste nel tenere il prezzo invariato e nel ridurre le quantità del prodotto venduto.
Il governo francese parla di “truffa”
Volete un esempio? Il Magnum Classic nel 2002 pesava 86 grammi, ora è di 70 grammi. Una riduzione del 18,6%, a fronte di un aumento del prezzo di circa il 150%. Sono passati tanti anni, ma è anche vero che i consumatori non si siano perlopiù accorti che gradualmente venisse loro ridotto il peso del gelato.
La “shrinkflation” è un fenomeno detestato dai consumatori, una volta che ne vengono a conoscenza. E’ percepita come una “truffa” ai loro danni e questa è stata mesi fa l’espressione che utilizzò il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. E il governo di cui fa parte è passato ai fatti con il varo di un decreto apposito. L’opinione pubblica transalpina è rimasta molto infuriata negli ultimi tempi nell’apprendere che, oltre ai forti rincari patiti, i grandi produttori si divertano nel prendere in giro i consumatori vendendo loro merce in minore quantità allo stesso prezzo.
Cosa prevede il decreto in Francia
Ed ecco che il decreto prevede l’obbligo per i rivenditori di segnalare con etichette sopra o a fianco della confezione che il contenuto sia stato ridotto da X a Y a parità di prezzo.
Il decreto è stato trasmesso alla Commissione europea. Se non ci saranno obiezioni, entrerà in vigore dall’aprile di quest’anno, cioè tra tre mesi. Un’operazione simpatia in vista delle elezioni europee a giugno? Di certo c’è che, tecnicamente, la “shrinkflation” non si può configurare come una truffa. Lo sarebbe solo nel caso in cui il peso indicato fosse superiore a quello effettivo. No, siamo semplicemente dinnanzi a una strategia astuta per alzare il prezzo unitario di un prodotto senza sbandierarlo.
Shrinkflation all’ordine del giorno
E’ probabile che subiamo più casi di “shrinkflation” quotidianamente di quanto pensiamo. Se andiamo dal gelataio, siamo certi che le palline sul cono siano della stessa misura di qualche anno fa? O chi ci garantisce che una tazza di cioccolata sorseggiata al bar sia sempre la stessa? Per risparmiare i rivenditori devono spesso arrangiarsi. E se non si possono aumentare nell’immediato i prezzi, o si riduce la quantità o la qualità. Ad esempio, quando il caffè sui mercati internazionali rincara eccessivamente e i bar non pensano di poterne scaricare i costi sulle tazzine, compiono un’operazione semplice: riducono la quantità della più costosa (e qualitativamente migliore) Arabica e aumentano quella di Robusta nella miscela utilizzata. Risultato: paghiamo lo stesso prezzo, anche se il caffè diventa più amaro e scadente.
La “shrinkflation” non è un atto di soverchieria sic et simpliciter. Spesso, muove da una premessa di pura necessità: tenere invariato il prezzo per non perdere quote di mercato.