Anche ieri il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, ha usato toni accomodanti sulla politica monetaria nell’Area Euro. Egli ha dichiarato che “ad un certo punto, nel 2024 ci sarà il taglio dei tassi di interesse” da parte della Banca Centrale Europea (BCE) dopo aver sostato “ad un plateau per un tempo sufficientemente lungo” per abbassare l’inflazione. E ha previsto che il target del 2% sarà raggiunto “entro il 2025”. Parole che hanno favorito ancora una volta gli acquisti sul mercato obbligazionario e un certo restringimento ulteriore dello spread tra BTp e Bund.
Riforma Patto di stabilità in stallo
Da alcune settimane la Francia ha rotto gli indugi e propende per il taglio dei tassi. Ci saranno certamente ragioni di politica interna dietro alla svolta. Le elezioni europee sono alle porte e il presidente Emmanuel Macron soffre di impopolarità. L’economia francese rischia la recessione, essendosi indebolita dopo l’estate. Le servirebbe un tonificante per vivacizzarsi e un costo del denaro più basso avrebbe almeno l’effetto di migliorare le aspettative su consumi e investimenti sin da subito.
Ma dietro a questo riposizionamento potrebbe celarsi il tentativo dell’Eliseo di favorire un accordo sul Patto di stabilità. L’Ecofin di oggi sarà con ogni probabilità un altro buco nell’acqua. Si terrà in videoconferenza, a conferma che nessun paese si aspetta che riesca a trovare una qualche intesa all’ultimo minuto sulle nuove regole di bilancio europee. Si andrà ai tempi supplementari. L’Italia ha messo in conto la riattivazione del vecchio Patto, in vigore dal 1997 fino alla pandemia e ad oggi sospeso. Meglio di accettare regole che non si potranno rispettare, ha ammonito Palazzo Chigi.
I tre punti critici eccepiti da Roma
L’idea sarebbe di far tornare in vigore il Patto di stabilità come lo conosciamo – tetto al deficit al 3% e al debito pubblico al 60% del PIL – senza implementarlo realmente.
Sul Superbonus la questione è squisitamente tecnica, anche se con risvolti politici drammatici. L’Eurostat ha classificato le cessioni del credito come “crediti esigibili”, caricandone il costo sui bilanci passati. Starebbe cambiando idea sulla mole di crediti rimasti ad oggi inesigibili per svariati miliardi di euro. Rischia di riclassificarli come “non esigibili”, caricandoli sui bilanci futuri e legando le mani a Roma sui conti pubblici. Anche sul Pnrr si tratta di una partita tecno-politica: i circa 120 miliardi di prestiti faranno aumentare il deficit di bilancio fino al 2026. Per questo la premier Giorgia Meloni chiede lo scorporo di tali voci dal computo del deficit ai fini del Patto di stabilità.
Taglio tassi BCE per abbassare spesa per interessi
C’è, infine, il boom della spesa per interessi. Essa è stimata in rialzo quest’anno di 13 miliardi, a causa dell’aumento dei tassi BCE, riflessosi nei rendimenti dei BTp. L’Italia ha avanzato la richiesta di un taglio dei tassi quanto prima per abbassare tale voce di spesa e riuscire così meglio a ridurre il disavanzo fiscale. Va da sé che quest’ultima non sia ricevibile. Non sono i governi a poter decidere quale debba essere il costo del denaro, bensì la BCE e soltanto (formalmente) in base all’andamento dell’inflazione. Tuttavia, la mano della Francia in questa fase all’Italia serve.
Sui tempi dell’allentamento monetario si gioca la prossima disputa in seno alla BCE.