Il franco svizzero è tornato super. Ieri, contro l’euro scambiava sotto 1,0830, confermandosi ai tassi più forti degli ultimi 5 mesi. E anche contro il dollaro viaggia ai massimi dalla primavera scorsa. C’è una ragione sopra ogni per la quale la valuta elvetica si sta rafforzando: l’inflazione. Negli USA, è salita ai massimi dal 2008. Nell’Eurozona, si è portata vicinissima al nuovo target del 2%, mentre in Svizzera è salita solamente allo 0,6%.
E se Federal Reserve e BCE hanno rivisto i rispettivi target d’inflazione per esibire una maggiore tolleranza verso la crescita dei prezzi al consumo dopo la pandemia, la Banca Nazionale Svizzera (BNS) non ha fatto nulla di ciò.
Una misura del grado d’intervento della BNS la forniscono i depositi a vista. Al 9 luglio scorso, erano a 711,7 miliardi di franchi, poco sotto il record storico dei 712 miliardi toccati una settimana prima. Da inizio anno, fanno circa +8 miliardi. In teoria, la crescita di questi depositi rifletterebbe l’acquisto di asset denominati in valute estere per sostenerne i corsi contro la valuta domestica. Chissà che non abbia influito l’inserimento del franco svizzero nella blacklist del Tesoro USA delle valute manipolate. Sebbene la misura fu voluta dalla precedente amministrazione Trump, probabile che la BNS abbia preferito non urtare la suscettibilità dell’alleato americano sul tema dei cambi.
Franco svizzero sostenuto dalla paura
Quello che sta accadendo si può riassumere con una battuta: si è passati dalla paura per l’inflazione alla paura per la crescita. La variante Delta sta facendo impennare nuovamente i contagi da Covid in gran parte del mondo. Alcune restrizioni sono state già reintrodotte in Europa (e non solo).
E poiché l’euro, in particolare, è una valuta legata alla crescita economica globale, questa fase d’incertezza lo indebolisce. Per contro, il franco svizzero è un porto sicuro contro le tensioni internazionali di varia natura. E inevitabilmente, si sta rafforzando. Basterebbe guardare la curva sovrana elvetica per capirlo. I rendimenti restano negativi fino ai 50 anni. La scadenza decennale in due mesi è passata dal -0,08% al -0,33%. Persino la Germania ormai offre rendimenti positivi, pur di poco, per i Bund dai 25 anni insù. E’ il segno che gli afflussi dei capitali in Svizzera proseguono. E pensare che nell’estate del 2018, il cambio contro l’euro era tornato a ridosso della soglia di 1,20, il famoso “cambio minimo” abbandonato dalla BNS a inizio 2015 per arrendersi all’apprezzamento incessante del franco svizzero.