Nel maggio scorso l’euro si era apprezzato contro il franco svizzero e il tasso di cambio tra le due valute aveva sfiorato la parità. Servivano poco più di 100 euro per acquistare 100 franchi. Adesso, di euro ne occorrono più di 106. Il record minimo era stato segnato all’inizio dell’anno con 107, cioè con un rapporto di cambio di 0,93. Pensate che nell’ottobre del 2007, con 100 euro acquistavamo 168 franchi. Da allora, la moneta unica ha perso contro quella elvetica quasi il 45%. Possono sorridere i lavoratori transfrontalieri, cioè coloro che si recano quotidianamente a lavorare in Svizzera, ma che risiedono a ridosso delle sue frontiere.
Franco svizzero sempre intorno ai massimi contro l’euro
L’Ufficio Federale di Statistica elvetico ha trovato che fossero complessivamente quasi 400.000 nel secondo trimestre di quest’anno, di cui il 57,5% in arrivo dalla Francia e il 23% dall’Italia. Dal nostro Paese risultano essere 91.633, quasi quanto gli abitanti di una città come Pesaro. Per essere definiti formalmente tali ai fini fiscali, è necessario che si tratti di lavoratori residenti nel Bel Paese e che si rechino al lavoro nei cantoni di Ticino, Vallese e Grigioni. Inoltre, bisogna risiedere in un comune entro 20 km dalla frontiera con uno dei tre cantoni. Se si eccede tale distanza, lo stato sottoporrà la retribuzione all’imposizione fiscale italiana.
Tralasciando gli aspetti più propriamente tecnici, una cosa è certa: il franco svizzero da record fa felici i transfrontalieri. Essi percepiscono lo stipendio in valuta elvetica e lo spendono in Italia, dove il costo della vita risulta più basso. Al netto degli eventuali aumenti goduti nel tempo, pensate che essi oggi possono disporre di uno stipendio di circa il 75% più alto rispetto a diciassette anni fa. E’ l’effetto cambio. Immaginate un lavoratore di Como che nel 2007 guadagnava 4.000 franchi al mese ad un tasso di cambio medio di circa 1,65, portandosi a casa uno stipendio mensile sui 2.435 euro.
Orologiai svizzeri invocano intervento sul forex
Le regioni italiane, francesi, austriache e tedesche di confine beneficiano anche del fatto che per i cittadini svizzeri convenga fare shopping al di là della frontiera. E i transfrontalieri da tempo sono fonte di ricchezza per il loro accresciuto potere di acquisto. Non se la passano benissimo, invece, i produttori di orologi. La Svizzera è nota nell’immaginario mondiale per tre ragioni: le banche, il formaggio e l’orologio a cucù. Le esportazioni di orologi nel 2023 toccavano il record storico di 26,7 miliardi di franchi, qualcosa come il 3% del Pil alpino. Si trattò di una sorta di rivalsa dei consumatori di tutto il mondo dopo la pandemia.
Tuttavia, nel primo semestre di quest’anno hanno accusato un crollo del 21,6%. A luglio, le esportazioni verso la Cina risultano precipitate del 32,8%. E così sono scese in campo le due associazioni di categoria: l’associazione per l’industria dei produttori di orologi svizzeri e la federazione dei produttori di orologi svizzeri. Entrambe hanno chiesto l’intervento della Banca Nazionale Svizzera (BNS) sul mercato dei cambi. Ora che l’inflazione domestica è “ben sotto il target del 2%”, sostengono, l’istituto può indebolire il franco svizzero.
Transfrontalieri godono con super franco
Ad agosto i prezzi al consumo sono aumentati dell’1,1% su base annua, il dato più basso dal marzo scorso. In teoria, la BNS ha più di qualche margine d’intervento. Vedremo se il nuovo governatore Martin Schlegel intenda debuttare con qualche correzione al tasso di cambio. I transfrontalieri tifano per il no, perché più perdura l’attuale situazione e maggiore il loro guadagno. La sensazione è che poco possa fare l’istituto dinnanzi a movimenti profondi del mercato, che hanno a che vedere con lo status di safe asset della valuta elvetica.