Il futuro di Bitcoin e delle criptovalute per gli esperti di Cryptosmart nello scenario globale che cambia

Intervista ad uno dei fondatori e manager di Cryptosmart sul futuro delle criptovalute, specie di Bitcoin, nel mondo che cambia.
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3 settimane fa
6 minuti di lettura
Alessandro Ronchi di Cryptosmart
Alessandro Ronchi di Cryptosmart © Licenza Creative Commons

Il futuro di Bitcoin e delle “criptovalute” più in generale è stato l’oggetto della nostra intervista realizzata al Dott. Alessandro Ronchi, cofondatore e co-CEO e CTO di Cryptosmart, prima exchange al 100% italiana e con sede a Perugia. E’ stata l’occasione per verificare con un esperto del settore cosa stia accadendo sul mercato dei token digitali in questa fase incerta e confusa per la finanza internazionale.

  • 1. Dott. Ronchi, l’economia globale sembra in preda all’incertezza su tematiche fondamentali quali inflazione futura, tassi ancora alti e tensioni geopolitiche e commerciali. Come lo state vivendo da imprenditori?

Il contesto macroeconomico in cui viviamo alimenta l’incertezza globale per via delle forti tensioni geopolitiche e commerciali, che finiscono per penalizzare lo sviluppo dell’economia italiana.

Come sappiamo, infatti, le nostre imprese sono molto esposte al commercio con l’estero. Tutto ciò provoca paura e ansia per consumatori e i risparmiatori, i quali perdono così certezze riguardo alle proprie scelte quotidiane con ripercussioni negative per tutti settori, compreso quello delle crypto.

  • 2. Il 2024 è stato un anno importante per Bitcoin, tra l’halving e l’approvazione degli ETF spot negli USA. Qual è la vostra visione sul futuro del settore crypto?

Il 2024 è stato realmente un anno straordinario per Bitcoin e, in generale, tutte le criptovalute. E’ iniziato con l’approvazione degli ETF spot su Bitcoin da parte della SEC, un fatto che ha legittimato ufficialmente questo asset nel mondo della finanza tradizionale. Ne sono seguiti investimenti tra i fondi e le banche d’affari, a beneficio della domanda e dell’accettazione tra un pubblico ben più vasto.

E poi c’è stato l’halving quasi esattamente un anno fa, che come sempre in passato ha offerto sostegno alle quotazioni nei mesi successivi. E adesso la sfida sarà tendere ad un approccio regolatorio depurato dai pregiudizi del passato. A tale proposito, grossi cambiamenti sono arrivati dagli Stati Uniti, dove il nuovo presidente della SEC è notoriamente favorevole alle crypto e il presidente americano si è impegnato a tutelare questo asset con una politica rivoluzionaria rispetto solamente a pochi mesi fa.

  • 3. Bitcoin ha superato nuovi massimi storici, ma molti si chiedono se sia troppo tardi per entrare. Le quotazioni, anziché continuare a salire, dopo avere raggiunto nuovi record a inizio anno in scia all’elezione di Donald Trump, hanno cancellato i guadagni seguiti alla sua vittoria di novembre. Cosa si sente di dire agli investitori?

Possiamo capire le remore. Il prezzo di Bitcoin subisce forti oscillazioni nel breve periodo, a causa spesso di notizie, tweet di personaggi influenti e sentiment di mercato mutevole, con picchi e ribassi anche importanti. Tuttavia, serve guardare a questo asset in un’ottica di lungo periodo, quando ad incidere sono essenzialmente due fattori: l’aumento costante della massa monetaria di euro e dollari, e l’adozione in continua espansione della criptovaluta a livello globale.

Non sono cambiate le premesse alla base del successo delle crypto di questi anni.

Le banche centrali hanno dovuto rialzare i tassi di interesse dal 2022 per contrastare l’alta inflazione. Dallo scorso anno sono tornate a tagliarli e ci si aspetta che continuino a farlo anche nel prossimo futuro. Probabile anche che riattiveranno i programmi monetari espansivi per sostenere le rispettive economie, anche al costo di tollerare tassi d’inflazione sopra i target. Al contrario, neanche in futuro Bitcoin potrà essere “stampato”. La sua offerta massima consiste di 21 milioni di unità da qui a qualche altro decennio. Per questo è considerato un asset deflattivo, cioè che protegge dall’inflazione. Infatti, basta che la domanda salga anche solo un po’ per avere quotazioni più alte nel tempo. Ciò lo rende una riserva di valore, a differenza delle monete fiat sempre più screditate.

E sta cambiando velocemente l’approccio dei governi su impulso di quello americano. Le crypto non vengono più minacciate di essere messe al bando, ma anzi se ne colgono le opportunità per consumatori, imprese, finanza e persino gli stati. La loro maggiore adozione lo renderà sempre meno volatile nel tempo, perché gli scambi sul mercato saranno in misura decrescente speculativi.

  • 4. E l’Italia come s’inserisce in questo contesto in evoluzione? Siamo preparati alla nuova era o prevale una logica di conservazione?

Il contesto internazionale vira verso la deglobalizzazione tra protezionismi e dazi. L’Italia è un’economia esportatrice e per questo rischia grosso, come del resto altri stati come la Germania. Affidarsi solo al commercio con l’estero non è più un’opzione. Per noi diventa importante puntare sull’innovazione tecnologica, creando l’ecosistema idoneo ad attirare investimenti. Impensabile rimanere strategicamente dipendenti dall’estero su tecnologie e ricerca e sviluppo. In fondo, siamo davanti a una grande opportunità storica di cambiare pelle.

Tuttavia, per prima cosa dobbiamo essere in grado di evitare la fuga dei capitali all’estero. Dopodiché, ci serve attirarne di nuovi per evitare di soccombere anche nel mondo deglobalizzato che ci attende. Per fare questo è essenziale che il legislatore crei un ambiente normativo, infrastrutturale e culturale capace di allettare i capitali. Una volta fatto questo, sarebbe più semplice sviluppare competenze e creare nuovi posti di lavoro qualificati in settori ad alto potenziale di crescita. Cryptosmart ci ha creduto a suo tempo, puntando proprio sull’Italia.

  • 5. Le criptovalute non sono direttamente legate ai commerci, non soffriranno della guerra dei dazi appena iniziata e per questo dovrebbero scampare alla crisi. E’ davvero così?

Sì e no. E’ vero che le criptovalute, essendo asset digitali decentralizzati, non sono collegati direttamente al commercio internazionale e non subiranno l’impatto diretto del protezionismo che avanza. Però, avete potuto verificare che in queste settimane le quotazioni sono scese insieme alle borse mondiali. Perché? Semplice, si tratta di asset percepiti come rischiosi e che scontano un calo della domanda in una fase di avversione al rischio. Esattamente come capita per le azioni. I capitali si dirigono verso asset sicuri come bond e oro, per cui possiamo affermare che tra mercato crypto e mercato obbligazionario, ad esempio, vi sia una correlazione tendenzialmente inversa.

Ma anche qui bisogna ragionare in un’ottica di lungo periodo, altrimenti perdiamo il senso di quale sia il futuro di Bitcoin e delle altre criptovalute. Le borse scendono per la paura verso la fine di un’era caratterizzata dalla globalizzazione economica, commerciale e finanziaria. Se questo scenario fosse confermato, entreremmo in un’altra era con costi di produzione e prezzi al consumo strutturalmente più alti. La maggiore inflazione metterebbe in risalto gli asset che proteggono dalla perdita del potere di acquisto. Dunque, ancora una volta i token digitali tornerebbero a brillare.

Non dobbiamo mai dimenticare un dato storico ben preciso. Bitcoin, la madre delle criptovalute e certamente ancora oggi la più popolare al mondo, debuttò sul mercato globale nel gennaio del 2009. Erano i mesi della potente crisi finanziaria scatenata dal crac di Lehman Brothers. La sfiducia verso la finanza tradizionale era massima tra i piccoli investitori e le banche centrali si affrettavano a salvare le banche stampando moneta e azzerando i tassi di interesse. Le crypto furono la reazione a tutto ciò, prosperano proprio in un clima di paura e persino sdegno verso gli asset tradizionali. Lo stesso si può affermare con ogni probabilità per quanto stia accadendo in questa fase di evoluzione dei mercati verso un sistema globale meno integrato sul piano commerciale.

  • 6. Come Cryptosmart state verificando una battuta di arresto per il vostro mercato o gli investitori stanno reagendo positivamente alla crisi in atto?

C’è paura e tensione tra gli investitori per effetto del contesto macroeconomico globale, ragione per cui le transazioni di criptovalute sono in agghiaccio in questa fase, nell’attesa di sviluppi più rassicuranti.

Il contesto macroeconomico che stiamo vivendo crea paura e tensione gli investitori che stanno tutti in stand-by sia per transazioni di acquisto che in vendita in attesa di un quadro più rassicurante.

  • 7. A proposito di scenario globale in evoluzione, il dollaro è considerato sotto attacco in quella parte del mondo ostile all’America per ragioni geopolitiche (vedi BRICS). Si parla da anni di dedollarizzazione, sebbene i dati ad oggi smentiscano l’avvio di questo processo. La divisa americana resta valuta di riserva mondiale, anzi accresce persino il suo ruolo. Ci dica il suo punto di vista sulla questione riguardo al possibile impatto sulle criptovalute.

La dedollarizzazione sembra un processo con cui confrontarci eventualmente nel lungo periodo. Nessuno s’immagina che domani il dollaro venga eliminato o ridotto consistentemente tra le riserve delle banche centrali. Non ci sono alternative credibili. Vero è anche, però, che le stesse banche centrali stanno guardando alle criptovalute in un’ottica anche solo di diversificazione delle riserve. Il dollaro è esposto a problemi come il potenzialmente deprezzamento futuro e le tensioni attorno al debito americano. Bitcoin si è guadagnato una certa fiducia come asset che nel lungo periodo tende ad apprezzarsi, grazie all’offerta limitata. La sua adozione a fianco al dollaro può portare ai seguenti indubbi vantaggi:

  1. Protezione contro la svalutazione del dollaro: se il cambio americano dovesse indebolirsi nei prossimi anni, in futuro Bitcoin riuscirebbe a garantire agli asset delle banche centrali un’adeguata compensazione, evitando o riducendo loro le perdite. Una sorta di oro digitale, garantendo adeguata protezione anche dall’inflazione;
  2. Diversificazione delle riserve: allentare la dipendenza dal dollaro è percepita come un’ovvietà per economie come Cina, Russia e gli altri componenti dei BRICS. Potrebbe esserlo anche per gli stati alleati dell’America, al fine di ridurne la dipendenza strategica e accrescere il potere negoziale. Un fatto che salta agli occhi in questa fase di tensione transatlantica. Inoltre, renderebbe le economie meno vulnerabili agli shock economici e geopolitici che influenzano il corso delle valute fiat;
  3. Salto tecnologico: le banche centrali darebbero impulso all’innovazione tecnologica con l’inserimento di Bitcoin tra le riserve valutarie. E questo a sua volta sosterrebbe la crescita economica di lungo periodo per le rispettive economie.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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