La pandemia ha fatto schiantare le economie del pianeta durante i primi mesi, anche se il recupero è iniziato subito dopo l’allentamento delle restrizioni. Tuttavia, le borse hanno anticipato la risalita e hanno segnato rialzi spettacolari dai minimi toccati nella primavera del 2020. Ad approfittarne sono stati particolarmente i fondi sovrani, un indizio indirettamente positivo per il debito pubblico italiano.
Secondo il Sovereign Wealth Fund Institute (SWFI), alla fine dello scorso anno gli asset gestiti dai fondi sovrani di tutto il mondo erano aumentati del 10% rispetto al 2020, salendo a 9.400 miliardi di dollari.
Debito pubblico e capitali sovrani
Queste cifre dimostrano che nel mondo esistono centinaia di investitori pubblici (161 i fondi sovrani e 275 i fondi pensioni statali censiti da SWFI) con ampie disponibilità di capitali. Sono questi soggetti a cui dovremmo guardare per piazzare i titoli del debito pubblico sul mercato. Si tratta di fondi con orizzonte temporale medio-lungo e non speculativi, perlopiù a caccia di asset di qualità. Pensate che se solamente il 2% degli asset fosse investito in BTp e altri asset domestici – stessa quota di incidenza dell’Italia sul PIL globale – quasi 600 miliardi di euro sarebbero dirottati sul nostro mercato sovrano. Una cifra rilevante, se considerate che a settembre gli investitori stranieri (perlopiù privati) detenevano 715 miliardi di euro in BTp, di cui almeno 60-70 erano acquisti condotti dalla BCE.
Come potrebbe l’Italia attirare i fondi sovrani per piazzare il proprio debito pubblico? Garantendo certezze sul piano fiscale, economico e politico.