Il vertice a Stresa dei ministri delle Finanze del G7 è stato un assaggio dell’appuntamento tra tre settimane in Puglia, che vedrà la presenza dei sette grandi della Terra. Un’occasione per rinvigorire le posizioni comuni a favore di Kiev, un passaggio particolarmente importante in una fase di crescente rafforzamento del fronte russo sul campo di battaglia. Proprio per sostenere concretamente l’alleato, si parla ufficialmente ai tavoli negoziali di cosiddetto “Ukraine bond”, cioè di un bond per l’Ucraina.
Bond Ucraina, USA-UE divisi
Il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, si mostra prudente. Lo stesso dicasi per la Germania, che sta cercando di addolcire la posizione degli Stati Uniti sul tema, sposata apparentemente appieno dalla Francia. Di cosa parliamo? Con l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, l’Unione Europea e il Nord America “congelarono” gli asset russi investiti nelle rispettive aree dalla banca centrale di Mosca. In Europa, tali beni ammontano a 280 miliardi di euro, qualcosa come circa 300 miliardi di dollari.
Washington preme per espropriare tali asset e finanziare così la ricostruzione ucraina, stimata in svariate centinaia di miliardi. L’Unione Europea non condivide tale approccio. Teme che infranga il diritto internazionale e che si ripercuota negativamente sulla percezione che il resto del mondo avrebbe del mercato continentale. Chi investirebbe più da noi se temesse di perdere i propri capitali nel caso di tensioni geopolitiche? La soluzione alternativa e più soft proposta da Bruxelles consiste nell’utilizzare, semmai, i soli interessi maturati su quegli asset.
Interessi da asset russi insufficienti
Il problema della soluzione prospettata dall’Europa risiede nei numeri. Gli interessi sono stimati in circa 3,5 miliardi all’anno, poca roba rispetto alle grandi esigenze finanziarie di Kiev.
Ricordiamo che le sanzioni dovranno essere rinnovate ogni sei mesi all’unanimità da tutti gli stati comunitari. E già da tempo esistono frizioni interne alla UE. Ad esempio, l’Ungheria di Viktor Orban si mostra sempre più recalcitrante nel garantire il suo assenso. Figuriamoci nel lungo periodo cosa può accadere. Altro nodo: gli interessi servirebbero a pagare verosimilmente le cedole, non anche a rimborsare il capitale. Anche per questa ragione l’Europa vorrebbe limitare l’emissione del bond o prestito per l’Ucraina in 20-30 miliardi al massimo.
Emissione in capo a Bers?
Infine, chi effettuerebbe formalmente l’emissione? Gli indizi porterebbero alla Banca europea per la ricostruzione, un organismo sovranazionale partecipato da tutti gli stati europei, nonché da Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia. Insomma, tutto l’Occidente, inteso nel senso geopolitico. E, certamente, sarebbe l’istituzione comune a tutti gli stati del G7 che si stanno già riunendo nel nostro Paese. Ma l’idea di un bond per l’Ucraina garantita dagli asset russi “congelati” resta divisiva. Nei mesi passati, tra le soluzioni teoriche circolate vi era di emettere un “cat bond”. Trattasi di un’obbligazione il cui rimborso alla scadenza si riduce o finanche viene azzerato nel caso in cui si verifichi nel frattempo una delle condizioni previste nel prospetto informativo (ad es., terremoto, maremoto, uragano, ecc.).
Bond Ucraina, accordo resta difficile
L’idea di base sarebbe questa: se dalla data di emissione la Russia si rende responsabile di ulteriori distruzioni materiali o vittime in Ucraina, la quota di asset russi che le sarà restituita diminuirà.