Il Garante per la protezione dei dati personali ha stabilito che il datore di lavoro non può violare la privacy dei dipendenti attivando la geolocalizzazione durante lo smart working.
Con un provvedimento che ha inflitto all’azienda una sanzione di 50 mila euro, l’Autorità ha contestato il tracciamento della posizione di circa cento lavoratori durante l’orario di lavoro agile, avviato dopo il reclamo di una dipendente e una segnalazione dell’Ispettorato della Funzione Pubblica.
Secondo il Garante il datore di lavoro non può adottare metodologie di controllo del lavoratore che riducono lo spazio di libertà e dignità della persona e che comportano un monitoraggio diretto dell’attività.
La questione al vaglio del Garante della privacy
Il provvedimento ha ad oggetto la privacy dei dipendenti ossia il reclamo proposto da una lavoratrice e la segnalazione presentata, nelle more dell’attività istruttoria già avviata a fronte del predetto reclamo, dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, entrambi riguardanti il trattamento, da parte dell’Azienda regionale per lo sviluppo e per i servizi in agricoltura, dei dati relativi alla geolocalizzazione del personale che presta la propria attività lavorativa in modalità agile.
Con il predetto reclamo, l’interessata, dipendente dell’Azienda, ha lamentato presunte violazioni in materia di protezione dei dati personali. Ciò con riferimento allo svolgimento di taluni controlli, effettuati dall’Azienda nei giorni XX e XX, per verificare la compatibilità della posizione geografica dalla quale la reclamante stava svolgendo la propria prestazione lavorativa: in modalità agile.
Rispetto a quanto indicato nell’accordo individuale in materia di lavoro agile sottoscritto tra la stessa e l’Azienda.
Come si svolgeva il controllo?
Più nello specifico, dal reclamo sulla privacy dei dipendenti e dalla documentazione ad esso allegata emerge, in particolare, che (Fonte provvedimento del 13 marzo 2025 ora pubblicato):
- nell’ambito dei predetti controlli, “si è chiesto al dipendente, al fine di effettuare la verifica riguardo alla postazione di lavoro per il lavoro agile, che la stessa avrebbe dovuto effettuare: una timbratura sulla piattaforma TIMERELAX sia in uscita che in entrata, la dipendente ha effettuato le seguenti timbrature: alle ore 09.29 in uscita e alle ore 09.30 in rientro, successivamente è stato chiesto di inviare una mail con riferimento al controllo effettuato in lavoro agile, all’indirizzo di posta elettronica istituzionale del [dipendente incaricato di svolgere il controllo]” (cfr. relazione dell’Azienda denominata Relazione Controllo Lavoro Agile n. XX del XX);
- “dal controllo effettuato la geolocalizzazione, anche se a volte le mappe utilizzate non sono del tutto aggiornate, risultava non compatibile con quanto dichiarato e concesso nel contratto di lavoro agile stipulato con ARSAC. Dalla timbratura di controllo la dipendente è risultata presente in Piazzale […], mentre la località più vicina, richiesta nel contratto di Lavoro Agile, risulta essere Via […] che dista dal punto georeferenziato circa 40-50 Km. La stessa dipendente nella telefonata di controllo […] ha subito accennato alla incongruenza della posizione” (cfr. relazione dell’Azienda denominata Relazione Controllo Lavoro Agile n. XX del XX);
Da qui, l’azienda aveva avviato un provvedimento disciplinare nei confronti della propria dipendente.
Dunque lo smart working non ha solo vantaggi.
La decisione del Garante
Secondo il Garante il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working.
Secondo il Garante, in materia di privacy dipendenti, al di fuori delle esigenze “organizzative e produttive, “di sicurezza del lavoro” e “di tutela del patrimonio aziendale, il datore di lavoro non può utilizzare strumenti tecnologici a distanza.
Strumenti che: riducono lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico e che comportano un monitoraggio diretto dell’attività del lavoratore. Ciò non è consentito dall’ordinamento vigente e dal quadro costituzionale.
Tali finalità non risultano, infatti, riconducibili ad alcuna delle tassative finalità selezionate dal legislatore. Infatti, la legge sul lavoro agile, richiama espressamente i limiti, le condizioni e le procedure di garanzia dell’art. 4 della l. 20 maggio 1970, n. 300 (cfr. art. 21 della l. 22 maggio 2017, n. 81).
E’ stato accertato che che il dato relativo alla geolocalizzazione del dipendente in modalità agile veniva trattato:
- sia, in via generale, all’atto della quotidiana timbratura, da parte del dipendente, in entrata e in uscita, in occasione dell’inizio e della fine dell’attività lavorativa. O, comunque, in occasione della fruizione di eventuali permessi di cui il dipendente si avvalesse nell’ambito della sua fascia di reperibilità;
- in tali casi, era di volta in volta effettuata una verifica della rispondenza tra il dato relativo alla posizione geografica rilevata e la sede di lavoro del dipendente prevista dall’accordo in materia di lavoro agile.
Da qui all’azienda che utilizza la suddetta procedura è stata comminata una sanzione di 50.000 euro.
Riassumendo
- Privacy dipendenti: il Garante per la protezione dei dati personali ha vietato al datore di lavoro di geolocalizzare i dipendenti che operano in smart working.
- La società coinvolta – che monitorava la posizione di circa 100 lavoratori tramite le timbrature sulla piattaforma Timerelax – è stata sanzionata con 50 mila euro.
- Il procedimento è scaturito dal reclamo di una dipendente e da una segnalazione dell’Ispettorato della Funzione Pubblica.
- Secondo il Garante, la geolocalizzazione continua riduce la libertà e la dignità della persona, viola lo Statuto dei lavoratori e i principi di necessità, proporzionalità e minimizzazione previsti dal GDPR.
- Il trattamento dei dati di posizione può avvenire solo per comprovate esigenze organizzative, produttive, di sicurezza. O tutela del patrimonio aziendale e nel rispetto delle garanzie dell’art. 4 l. 300/1970; altrimenti è illecito e passibile di sanzioni.