La Germania apre sul debito e Panetta lo vuole comune, non finirà bene

La Germania apre alla revisione della regola costituzionale sul freno al debito, mentre Bankitalia insiste sulle emissioni comuni.
1 mese fa
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Germania apre a nuova regola sul debito
Germania apre a nuova regola sul debito © Licenza Creative Commons

In Germania cade un tabù e niente di meno che sul debito. Il governatore della Bundesbank, Joachim Nagel, ha dichiarato che sarebbe un “approccio molto intelligente” quello di allentare la regola costituzionale sul “freno al debito”. In questo modo, ha spiegato, si potrebbero finanziare gli investimenti nella difesa e nelle infrastrutture. Un cambio di paradigma a dir poco sbalorditivo, anche se l’ultima parola spetterà ai partiti, che già sono in campagna elettorale per il voto anticipato del prossimo 23 febbraio.

Anche a Berlino va di moda il debito

La regola sul debito in Germania venne introdotta nel 2009. Essa prevede che lo stato possa indebitarsi per la misura massima dello 0,35% del Pil. Fu sospesa con la pandemia, ma è stata riattivata da quest’anno. I critici osservano che essa avrebbe causato alcuni dei mali di cui soffre l’economia tedesca, vale a dire bassa crescita e scarsa innovazione. Per il secondo anno consecutivo, il Pil tedesco sarà in calo. E’ atteso a -0,2% dopo il -0,3% del 2023, unico caso tra le grandi economie mondiali.

La coalizione “semaforo”, al governo federale fino a poche settimane fa, è andata in frantumi proprio sul debito. I socialdemocratici insieme ai Verdi chiedevano di prorogarne la sospensione o persino di modificare la previsione costituzionale per aumentare gli investimenti pubblici a sostegno dell’economia. I liberali dell’ex ministro delle Finanze, Christian Lindner, erano e restano contrari. Dall’opposizione sono arrivate aperture. I conservatori, in testa nei sondaggi, ritengono che si possa emettere più debito per investire di più, non certo per aumentare la spesa corrente.

E Panetta invoca emissioni comuni

La Germania ha grossi margini di intervento sui conti pubblici. Quest’anno, il rapporto tra debito e Pil dovrebbe chiudere al 63,50% contro una media nell’Eurozona attorno all’88%. C’è da dire, però, che l’austerità tedesca ha permesso il mantenimento del rating tripla A, un fatto che avvantaggia l’intera economia domestica e, di riflesso, quella europea.

Se in casi emergenziali come la pandemia siamo stati in grado di ricorrere ad emissioni comuni a basso costo, lo dobbiamo a stati come la Germania che godono di fortissima credibilità sui mercati per la gestione fiscale ordinata.

Ed è proprio al debito comune che ha fatto appello in settimana il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta. Egli ha lanciato l’idea di emissioni comunitarie per 200 miliardi di euro all’anno per sei anni. Ciò porterebbe il loro peso complessivo al 6% del Pil UE al 2030. E ha voluto precisare che questo programma non implicherebbe alcuna unione fiscale, cioè nessuna figura di un ministro delle Finanze comune e neanche trasferimenti sistematici tra stati. Un modo per rassicurare proprio i tedeschi, che di Eurobond non vogliono sentire parlare. Le emissioni fino al 2026 e legate al Next Generation EU dovranno restare per loro un’eccezione.

Eurobond finta soluzione

Comune o meno, il debito europeo sembra destinato a salire anche nei prossimi anni. Sta cadendo l’ultimo baluardo contro lo spandi e spendi imperante nel continente. A Berlino la paura per l’instabilità politica e la crisi strutturale dell’economia sta prendendo il sopravvento. E’ molto probabile che le prossime elezioni non decreteranno alcun vincitore netto e che i conservatori saranno costretti ad allearsi con uno o due partiti avversari per governare. Questa situazione rischia di compromettere la capacità dei tedeschi di risolvere i loro problemi, accentuando rabbia sociale e malcontento.

Più debito non farà il bene di economie come l’Italia. I nostri BTp subirebbero una concorrenza più agguerrita dai Bund e i rendimenti nell’area rischiano così di salire. Nel caso degli Eurobond, poi, guai a considerarli una panacea per ogni nostro male.

Finché le emissioni restano d’importo limitato, nessuno si chiederà più di tanto chi paga. Ma salendo la loro incidenza sul Pil comunitario, prima o poi gli investitori s’interrogheranno su quali siano le coperture. Esse derivano dagli stessi bilanci nazionali che in diversi casi temono. Ad un certo punto, l’operazione assumerà le sembianze di un bluff, un gioco delle tre carte per trasferire i rischi in capo a una scatola ufficialmente vuota. Svelerà il vero nodo della politica occidentale di questi anni: l’incapacità di scegliere tra diverse priorità di spese, allungandone di continuo la lista per non scontentare alcuna fascia di elettori.

Aumentare il debito tedesco non sarà facile

Se i partiti in Germania pensano già a porre fine forse all’unico vero retaggio dell’era merkeliana, è perché con ogni probabilità vorranno evitare lo scenario per loro ancora più sgradito degli Eurobond. L’aumento del debito tedesco, in ogni caso, sarà limitato e temporaneo. Questo sembra emergere dall’attuale dibattito in corso, se vogliamo ancora tenuto più a mezza bocca che non in maniera esplicita. I difensori delle regole attuali – i liberali – rischiano di restare fuori dal Bundestag al prossimo giro, ma gli euroscettici di AfD hanno posizioni ancora più dure sul tema e nei consensi galoppano, ponendosi secondi dietro ai soli conservatori. Nessuno immagini che a Berlino sarà facile saltare il fosso. Sarà benzina sul fuoco per la futura opposizione di destra.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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