Germania divisa tra desiderio di truccare i conti pubblici e spendere per l’economia

Una contabilità parallela per consentire al governo tedesco di spendere di più senza aumentare formalmente il debito. La Germania studia come "truccare" i conti pubblici.
5 anni fa
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La Germania starebbe ipotizzando una contabilità parallela o anche detta “bilancio ombra” (“shadow budget”) per dribblare le sue stesse regole fiscali. La notizia è trapelata da Berlino a inizio settimana e ha fatto il giro del mondo. L’economia tedesca sta segnando il passo con il rallentamento globale e le tensioni commerciali internazionali. Il pil è diminuito dello 0,1% nel secondo trimestre e la Bundesbank ha avvertito che potrebbe scivolare anche nel terzo, facendo entrare tecnicamente l’economia in recessione. Per fortuna, la Germania avrebbe margini per reagire ad una eventuale crisi, avendo chiuso il 2018 con un bilancio in attivo per 58 miliardi di euro, l’1,7% del pil.

Ma qui arriva il bello: i tedeschi si sono legati le mani e pensano di non poter disporre di alcuna sufficiente capacità di spesa.

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Già quest’anno, parte del surplus fiscale è stato impiegato per aumentare gli investimenti e gli stipendi pubblici e tagliare le tasse. Poca roba, ma che finirebbe per esaurire le risorse disponibili, stando allo stesso governo, a causa di altri fattori, tra cui il ripiegamento dell’economia. I soldi che Berlino potrebbe realmente spendere per l’anno prossimo sarebbero appena 5 miliardi, lo 0,15% del pil, praticamente nulla. Da qui, l’ipotesi di ricorrere alle agenzie federali, le quali si indebiterebbero per programmare investimenti per conto del governo, senza che formalmente i loro debiti rientrino nel calcolo delle passività statali.

Il ministro dell’Economia, il conservatore Peter Altmaier, avrebbe in mente di lanciare un piano di investimenti “green” a costo zero tramite un’apposita agenzia, così da spingere l’economia verso una maggiore sostenibilità ambientale e tutto questo senza che ufficialmente il deficit pubblico ne risenta. Molti di voi si chiederanno perché la Germania non prenda in considerazione di fare deficit.

La risposta sta nella previsione costituzionale, entrata in vigore dal 2014, secondo la quale il bilancio federale deve chiudere annualmente in pareggio, ovvero con un disavanzo massimo dello 0,35% del pil. A conti fatti, il governo potrebbe spendere fino a generare un disavanzo di 12 miliardi di euro all’anno.

Le regole fiscali in Germania

In realtà, le regole fiscali europee garantiscono agli stati con un rapporto debito/pil sotto il 60% di fare deficit fino all’1% del pil. Nel caso della Germania, sarebbero intorno a 34 miliardi di euro. Se vogliamo dirla tutta, nessuno in Europa alzerebbe un dito anche nel caso in cui il governo tedesco facesse deficit al 2-3% del pil. Anzi, è quanto i governi dell’area gli chiedono per sostenere la ripresa economica continentale. La questione sembra, dunque, squisitamente politica. La Germania non è l’Italia, né la Francia o la Spagna. Le regole qui si seguono alla lettera e nessun partito se la sente di trasgredire a una norma costituzionale entrata in vigore da pochi anni, perché gli elettori punirebbero quanti promettessero più deficit, pur a fronte di misure di sostegno all’economia.

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Da qui, il ricorso ad eventuali espedienti contabili per non mettere a rischio la propria immagine di tutori dell’ordine fiscale. Il punto è che i Bund della Germania sono considerati investimenti sicuri, in cui rifugiarsi nelle situazioni di tensione internazionale, in quanto titoli di un debito sovrano sempre sotto controllo ed emessi da governi molto credibili, oltre che stabili. E il prof di Macroeconomia all’Università di Mannheim, Tom Krebs, mette in guardia proprio dalla perdita di credibilità con il ricorso alla contabilità parallela. Meglio sarebbe, spiega, modificare la Costituzione, così da attenersi alle regole. Il fatto è che la revisione della Grundgesetz avviene a maggioranza dei due terzi in entrambi i rami del Parlamento e le opposizioni di destra (liberali ed euro-scettici) sarebbero perlopiù contrarie, oltre che parte della stessa Grosse Koalition.

Questo è il conflitto che si sta generando in un paese, dove le regole restrittive sul piano fiscali sono diventate non solo legalmente vincolanti, bensì pure dalla diffusa accettazione e gradite tra gli elettori. E né le condizioni macro appaiono così preoccupanti da giustificare una loro trasgressione agli occhi dei tedeschi. Infine, di certo non potranno forzare la mano i due partiti al governo, in crisi di consenso e che si tengono per mano solo per il terrore di andare ad elezioni anticipate e registrare una ulteriore perdita di voti e seggi.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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